domenica 4 ottobre 2009

Les Indispensables de La Dispensa di Miranda Martino

Apro il mese di ottobre presentandovi Les Indispensables de La Dispensa. Anna. Ed io, Miranda. Siamo la prima linea, le front women, il biglietto da visita della Dispensa. Dopo aver letto i nostri profili capirete quindi perché il resto dei soci è in analisi.Ed eccole qua, Madame Parasol e Madame Poubelle. Mme Parasol: la figlioccia di Yul Brinner, la soldato Jane della Bricca, insomma la femme rasée. È l’addetta al montaggio e al posizionamento dell’ombrellone nel dehor. Ombrellone che, aperto, è grande come la piazzetta di Capri ed è anche tecnologicamente avanzato, si apre e si chiude a manovella. Madame Parasol c’est moi. E, devo confessare, a me l’ombrellone fa paura. Nonostante la base di 15 kg che dovrebbe farlo aderire al suolo come una calamita su un frigo, appena soffia un alito di brezza di mare il nostro oscilla come una canna al vento. E cade anche! Ha quasi ucciso il cactus del vicino dehor (e per fortuna non ha fatto vittime umane). E una volta la bricca, e una volta il parasol, il mio destino è “domatrice di oggetti imbizzarriti”. L’altra metà di questo cielo nizzardo è Madame Poubelle. Ha diverse caratteristiche che potrebbero farvi ricordare di lei: labbra rosse, occhiali che sembrano nati con lei tanto le stanno bene ma, soprattutto, una massa di ricci rossi. Infiammati e vivaci come i suoi pensieri. Provate ad immaginarci insieme: la liscia e la gassata. Mme Poubelle è l’addetta allo smistamento immondizia, compito che svolge con grazia ed eleganza, gettando quotidianamente sacchi di “spazza” rigorosamente abbinati agli abiti che indossa, tenuti in mano come se fossero borsette di Vuitton. Le nostre due signore si occupano anche della gestione generale della Dispensa e del rapporto con i clienti. Ecco. Forse avrò già avuto modo di scrivervi che entrambe parliamo un francese quantomeno pittoresco. Io l’ho studiato e mai praticato, ho una pronuncia che fa venire non già la pelle d’oca, le smagliature! E, malheureusement, confondo le poche parole che conosco. Un esempio eclatante: ad un signore che mi chiedeva se un piatto del menù era caldo o freddo ho detto che poteva scegliere ,ma io consigliavo di scaldarlo. Scaldare si dice “chauffrer” io invece ho detto “si vous voulez on peut le chausser” che suona tipo “se lo desidera, signore, il suo bollito lo possiamo indossare” o meglio, calzare. “Chausser” infatti, pare che significhi indossare una scarpa o qualcosa del genere. Il mio cliente ha detto “oui”. Poi avrà raccontato agli amici che alla Dispensa hanno un ottimo bollito, merito di una tecnica innovativa: lo massaggiano con le dita dei piedi prima di servirlo. Anna invece non ha mai studiato francese dunque, fa un po’ quello che facciamo tutti noi apprendisti di una nuova lingua: traduce letteralmente dall’italiano, con risultati esilaranti. Anche in questo caso, un esempio. La nostra chiedeva “la penna per scrivere il numero”, la pen pour marquer le numero”. Penna si dice “stilo”. La pen, letto così come lo vedete in francese suona come un’altra parola “lapin”, coniglio. E dunque “hai un coniglio per segnare il numero?” . Vi confesso che anche io vi scrivo con lapin dal treno, è un casino tenerlo fermo! Insomma questa lingua d’oil ci crea qualche problema, parliamo meglio la lingua dei sott’oil. E anche il nostro italiano ne risente. Vi lascio pertanto con questo gioiello. In un momento di entusiasta conversazione sui nostri prodotti abbiamo detto “potremmo usare le nostre cipolline boreali”. Questa non ve la spiego, so che la capirete. Vi invito solo a venire a provarle le nostre cipolline. Se vi concentrate e siete fortunati potreste vedere il raggio verde.

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