domenica 19 dicembre 2010

Pollock, Picasso e Pina

SdFF. Settimana di ferie forzate. Capita a tutti, purtroppo. Da che pulpito viene la predica. Proprio da me che nell’esercizio delle mie funzioni sollecito tutti a farle per ridurre i costi come se fosse una cosa che tocca le mie tasche…. Da me, gran visir del controllo spese, fata Morgana del risparmio, Harry Potter dell’utilizzo fondi in stato patrimoniale, Merlino dello squaraus.
Comunque se sono da fare facciamole, diamo il buon esempio, ma per non perdere l’allenamento non si può stare con le mani in mano, quindi, faccio scattare l’operazione pittura. In effetti, per quanto il grigio sia molto di moda quest’anno, quello che caratterizza le mie pareti milanesi, tonalità inquinamento, con striature tendenza color calorifero deve essere eliminato al più presto.
Conscia delle mie capacità, o incapacità, come preferite, opto per il bianco puro, una parete rossa ce l’ho, che sarà impossibile eliminare per tutti i secoli dei secoli, tutto il resto, lo riporterò ad uno splendente bianco Lele Mora, ve lo ricordate il suo appartamento di Videocracy? Ecco uguale: bianco Mora.
Ho a disposizione un secchiellino di pittura speciale per bagni e cucine, decido di cominciare da quelli, che sono anche i due locali più piccoli di casa mia, approccio umile, funziona sempre. Mi armo di pennello e di rullo. Sono però colta da un afflato di ingiustificata presunzione o forse potremmo definirla ignoranza globale e inforco il pennello.
FATAL ERROR. FATAL ERROR. FATAL ERROR. Vero, per fare una parete grande, non ci vuole un pennello grande, ma un grande pennello (chi l’ha detto? Voltaire mi pare), la mia è una parete media, quindi pennello medio. O grande lo stesso? Boh. Comunque mio padre mi disse: comincia dagli angoli, ed è l’unica cosa giusta che faccio.
DOGMA: PER USARE IL PENNELLO BISOGNA ESSERE DEI PROFESSIONISTI.
Azzo ridete? Non si tratta affatto di una battuta a sfondo sessuale. Aveste visto il mio soffitto dopo la prima mano avreste capito: segni di pennellata ovunque, magnifiche striature bianche su fondo grigio. Se non sei un imbianchino, questo è il risultato. Orrore, due ore buttate via. Disperazione e dolore. Non abbattiamoci. Facciamo un punto della situazione. Possiedo anche un rullo. Facciamo un tentativo con la cucina. Prima però bisogna preparare. Eh si amici. Pitturare è il meno, è tutto quello che ci sta intorno la gran rottura di sgnaus. Passi quattro ore a spostare, scocciare e incartare tutte le suppellettili e quando arriva il momento di pitturare sei già distrutta dalla fatica. Ma ho la risposta. Il rullo. Scendo al Brico, vado a comprare l’apposita vaschetta, e già che ci sono, crepi l’avarizia, compro anche un rullino! No, non un rullino fotografico, un rullo piccolo da pittura, appunto un rullino. Si rivelerà una decisione da vera professionista. Comincio a “rullare” in cucina… perfetto: ho trovato la via, la verità, la fede!!
Veloce, preciso e meravigliosamente bianco. E con il rullino, angoli da paura. Sono il Picasso dei soffitti, il Pollock delle pareti, si, la Pina della cucina. Mi sto un po’ esaltando. Sto cominciando a pensare di far stampare dei volantini pubblicitari di questa mia nuova attività, biglietti da visita, sito internet e salopettes personalizzate, come gadget. Si, si mi calmo.
La seconda mano al bagno, rullata, viene un capolavoro. Tra l’altro realizzo guardandomi allo specchio che lavorare invecchia: sembro il nonno di Heidi, ma cosa è successo ai miei capelli? Sono bianchi!! Effetto rullo = invecchiamento precoce. Miseria ladra, i capelli imbiancati da milioni di puntini di pittura. Così posso immaginarmi in pensione.
Ma ho finito il primo secchiellino di pittura, devo scendere al Brico a comprare un secchione, perché mi mancano ancora corridoio, camera e sala che sono i locali più grandi. Al Brico ormai mi accolgono con la standing ovation, ho incrementato il fatturato del mese, sono già scesa 13 volte perché mi dimentico sempre qualcosa: nastro adesivo di carta? Cellophane per coprire i mobili? Sacchetti dell’aspirapolvere? Ecco appunto. Comprati uno alla volta.
Dunque vado al reparto bricolage e mi metto ad osservare la parete delle pitture con la stessa attenzione con cui guarderei la vetrina di Armani. Cosa ci vorrà per scegliere un secchio? Facile. Un amico mi dice, idropittura lavabile. Perché? Non faccio domande, eseguo. Sembra facile ma ci sono milioni di idropitture! Traspirante. A cosa serve? Alla parete con l’ascella pezzata? Acrilica. Per chi è allergico al cotone? Boero. Deve essere una pittura al cioccolato, per leccare le pareti nei momenti di tristezza. Al quarzo. E cosa te ne fai? Sintonizzi la sveglia? Antimuffa. Mica sono messa così male! Alla fine scelgo Max Meyer, perché riconosco la marca, riconosco il cane con il pennello in bocca, mi piace questo marchio! Devo averlo visto usare dal babbo. Ora agguanto il secchio da 14 litri. Non vi sto a dire che giro per il punto vendita con la testa bianca e con la tuta mimetica tatuata da macchie di vernice della prima mano vero? Mi sento molto artigiana e vago come una che non ha mai fatto altro nella vita.
Sottovaluto l’articolo però e quando tento di sollevare il secchio resto bloccata con la schiena mentre il secchio non si muove di un millimetro, “Ciao Ernia!”. Un commesso premuroso mi dice: le porto un carrello? MA SEI SCEMO? E come ce lo carico sul carrello? Perché tanto lui non si offre. Trascino il secchio fino alla cassa. Ho già perso 8 anni di vita. Come lo trascino fino a casa? Circa 300 metri.
Esco dal negozio e praticamente mi muovo alzando il secchio, spostandolo fino a dove arrivano le braccia e riposandolo a terra. Ogni passo 1 metro. Ogni metro 10 secondi. Quanto ci metterò ad arrivare a casa? 50 minuti. Molto bene. Spunteranno le primule ora che arrivo. Blocco il traffico un quarto d’ora per attraversare la strada. A metà percorso incontro: 1) una vecchina: “oh povera ragazza, chissà come è pesante”. Momento commiserativo. 2) una ragazzina che peserà 20 kg bagnata: “Vuoi che te lo porti io?”, non ce la farebbe neppure ad alzare il coperchio. Momento indulgenza. 3) un ragazzo arabo: “Zignora, pittura? Porto io fino dove?” lo guardo come se avessi visto il santo Graal e accetto. Momento gratitudine. Mi dice che sta pitturando nel palazzo di fronte e mi lascia il suo numero di telefono nel caso avessi bisogno “Brava Zignora!”. Dimmi Zignora ancora una volta che ti pitturo da capo a piedi. Però è stato davvero utile, da sola non ce l’avrei mai fatta.
Intanto finisco di scocciare tutto. No, non tutti, spiritosi, tutto, tutto quello che non può essere spostato e messo sotto ad un telo di plastica va isolato con scotch e giornali. E maledizione il corridoio è pieno di boiseries, mi ci vuole una giornata solo per isolare. Sono più portata per la pittura pura, tutto il corollario mi fa un po’ schifo, si vede che ho l’anima artistica! Nella mia società assumerò qualcuno che faccia questa parte, io mi limito alle pareti e al soffitto! Arte pura, devo specializzarmi anche nel colore. Rispondere alla esigenze del mercato.
Fare il soffitto però è uno strazio. Ma quanto pesa il rullo intinto con il suo manico? Quanto è lontano? A fine giornata sono distrutta. Mi fa male la schiena e non solo… andare su e giù dalle scale ha rafforzato di sicuro il lato B, però non posso sedermi! E la mattina quando mi sveglio il braccio destro si sveglia 30 minuti dopo di me e mi raggiunge in cucina a bere il caffè con comodo. Ho perso un chilo, non sottovaluterei questo punto.
Dopo una settimana ho finito tutto! Capolavoro! Invito gli amici a turno a cena per vedere l’opera conclusa, manco si trattasse della cappella Sistina e li minaccio quando entrano nel caso per errore macchiassero una parete. Non hanno il coraggio di dirmi che fa pena immagino e fanno facce di sbalordita sorpresa: “Oh ma come è venuto bene!!!”! Voglio credere che sia così. Di sicuro è tutto più bianco e pulito, ma il mio occhio ormai esperto vede le magagne che ho generato… In fondo era la prima volta. Momento auto celebrativo.
In ogni caso è stato un processo utilissimo, chilo a parte, nel frattempo ho buttato sacchi di cose inutili, tipo le istruzioni di elettrodomestici che in questa casa non sono mai entrati. Riviste del 1997, interessano? Guide turistiche di città inesistenti, tipo Antartide, qualche camicia con le spalline imbottite che portavo alle superiori e scatole di prodotti tecno che occupano posto. Sono certa che mi serviranno nell’esatto istante in cui saranno entrate nel locale immondizia, erò ho l’accortezza di mettere tutte le istruzioni in una scatola.
Quindi, nel caso aveste bisogno: NADIA RULLO & C. – Specialista in pittura e buttamenti.

venerdì 17 dicembre 2010

IO E TE – N. Ammaniti

Ammaniti è una garanzia. Lo ammiro perché riesce a scrivere in modo magnifico cose completamente diverse tra loro. I suoi libri non centrano niente l’uno con l’altro eppure sono tutti maledettamente belli. Cominci a leggere e non riesci a staccarti perché devi sapere come va a finire, i personaggi ti entrano dentro e ti ci affezioni. Come dio comanda mi aveva letteralmente rapito, lo stesso Io non ho paura e poi Che la festa cominci, che è quello che mi è piaciuto di meno ma è un altro pianeta in termini di storia e quindi riconosco la sua capacità di saper fare cose così differenti. Vorrei saper scrivere come lui, saper rendere le situazioni in quel modo, che ti sembra di essere lì. In Io e te, come non amare Lorenzo che invece di partire per la settimana bianca si chiude in cantina per una settimana per vivere questa avventura che dovrebbe essere in totale solitudine ma non lo sarà suo malgrado? Finale splendido. Voto 8 e mezzo.

DIVORZIO ALL’ISLAMICA A VIALE MARCONI -A. Lakhous

Questo libro racconta di Sofia, una donna egiziana emigrata a Milano e delle difficoltà della gestione della cultura mussulmana con grande ironia e sensibilità. Nel libro c’è anche Christian, un siciliano che parla perfettamente l’arabo e che viene infiltrato nella comunità islamica per tentare di scoprire una cellula terroristica. E ci sono anche tanti altri personaggi a corollario che permettono di disegnare in modo autentico ma senza drammi, le difficoltà della comunità islamica e dell’integrazione nella metropoli. Voto 7. Diverso e originale.

UNA VITA TRANQUILLA – Film di C. Cupellini

http://www.youtube.com/watch?v=chJoBwDEhXw

Lo so, sono di parte perché amo Tony Servillo, però questo è proprio un bel film. Il messaggio è: al proprio passato non si sfugge. Insomma se siete un po’ giù di morale magari non andate a vederlo perché non ci si piega in due dalle risate ecco. Però è ben fatto. Un ex malavitoso che cerca di ricostruirsi una vita in Germania e dopo 15 anni sembra anche riuscirci, fino al giorno in cui due vecchie conoscenze bussano alla sua porta e allora… Beh non vi posso dire tutto se no vi svelo il finale. Andate a vederlo, voto 7 e mezzo.

INCONTRERAI L’UOMO DEI TUOI SOGNI – Film di W. Allen

http://www.youtube.com/watch?v=lrefgCV4KcQ&feature=related


Mamma mia che film noioso. Non sono una fan di Allen, però in genere i suoi film sono divertenti e con un messaggio che può essere interessante. Ecco, questo qui no. Non ci sono battute spiritose, i personaggi sono patetici, forse perché rispecchiano una verità patetica ma di certo un po’ troppo caricaturalizzata (si dice così?) e il messaggio dov’è? A volte le illusioni funzionano più delle medicine? Amarezza.
Per non parlare del fatto che i primi quaranta minuti li passi a pregare che succeda qualcosa. Film che non finisce, e non ho niente contro questo genere di film, però in questo caso ti lascia proprio con l’amaro in bocca, con la sensazione di aver buttato via due ore e il ricordo di un film che svanirà dopo pochi minuti. Onestamente lo sconsiglio vivamente, voto 4. Penso che anche le cavolate natalizie possano essere meglio e se pensate che sono una di manica larga …

POTICHE – Film di F. Ozon

http://www.youtube.com/watch?v=AYpv6mkzEo4&feature=related

Questo invece ci è piaciuto molto! Grandissimi Depardieu e la Deneuve, attempatelli ma sempre pieni di grande fascino. Siamo negli anni ’70 e la Deneuve è la moglie apparentemente stupida e superficiale, un po’ “statuina” (Potiche significa bella statuina in francese) di un imprenditore tiranno. Ma i casi della vita vogliono che il cerbero sia colto da infarto e debba essere lei ad occuparsi della fabbrica, con esiti del tutto inaspettati! Bel messaggio, bei personaggi, risate e allegria e il finale… una sorpresa! Andate a vederlo se volete del buonumore. Mi tocca confermare che i francesi in alcuni generi sono bravi. Voto 7.

GIOVANNI VERNIA – E SIAMO NOI


Ti stimo fratello! Ok, non parliamo di cultura, però vi assicuro che sono state tre ore di sano divertimento. Mezz’ora di Jonny Groove, che è simpatico ma soprattutto due ore e mezza di un Giovanni Vernia inedito che fa davvero ridere, che interpreta il genovese arrivato nella Milano da bere, oppure il turista che incontra il milanese sapientone in vacanza, o ancora racconta della sua vita lavorativa prima del successo come comico sapendo descrivere la vita aziendale con l’ironia di chi ormai se ne sta fuori e la guarda da lontano! Bravissimo! Tra l’altro accompagnato da un corpo di ballo composto da tre ragazze e due ragazzi bravissimi (oltre che dal fisico spaziale!) che “incorniciano” lo spettacolo con belle e simpatiche coreografie. Il tutto allo spazio Zelig, l’originale, è piccolo e il comico è proprio vicino! Grasse risate! Voto 8!