giovedì 30 aprile 2015

Storia di un culo - Saggio di Scrittura

 
Chiara è una ragazza di trent’anni, piccoletta, fatta un po’ a pera, secondo le riviste di moda, timida e schiva. Lavora alla cassa di un supermercato. Trascorre otto ore della giornata seduta, combattendo una personale battaglia contro lo scanner che, di norma, s’inceppa e fischia come una gazza.
È sicura che la causa del suo culo 3.0, sia proprio quel lavoro. Ha preso la forma dello sgabello dove sta appollaiata come una poiana e poi, quando arriva a casa la sera, è troppo stanca per qualsiasi sport, così si accascia sul divano sgranocchiando patatine o cioccolato per combattere le frustrazioni di un lavoro tanto ripetitivo e del suo amore infelice.
È innamorata di Marta, una cliente. La vede almeno una volta la settimana, quando viene a fare la spesa e conosce il suo nome perché l’ha letto sulla carta di credito (e si sente un po’ un’agente speciale per questa poliziesca scoperta). Marta, secondo lei, non si rende neppure conto che lei esiste, come donna intende, non come cassiera
In fondo però Chiara è anche contenta che Marta la veda solo da seduta, così almeno è impossibile per lei notare il culone…certo che se mai dovesse alzarsi sarebbe la fine di una storia mai cominciata.
Un giorno, si sente chiamare all’altoparlante. Deve raggiungere con urgenza, la direzione.
Quando arriva le comunicano che ha vinto il premio Cassiera del mese e ha diritto a un week end per due a Rimini. Ovviamente ci porterà Paolo, l’amico gay di sempre.
Mentre sono in giro x Rimini, la domenica mattina, finiscono per caso in mezzo alla Maratona e rimangono bloccati a causa del passaggio dei runners appena partiti.
Beh, Chiara rimane folgorata, stanno passando i primi atleti, i kenioti, dai tratti inconfondibili e dagli scatti da leopardo, seguono altri corridori dai corpi scolpiti e leggiadri. Anche Paolo è folgorato, ma per ragioni diverse! La guarda e scoppia a ridere, pensava di essere l’unico a osservare i corpi dei ragazzi, invece anche Chiara ne è rapita e lui ne approfitta per dirle che forse potrebbe cominciare anche a lei a correre un pochino come va tanto di moda ora, visto che si lamenta sempre del suo sedere, anzi potrebbero correre insieme visto che anche lui qualche chiletto lo perderebbe volentieri. Lei lo guarda inorridita, come se le avesse appena chiesto di sgozzare 20 venti galline a mani nude. Gli gira la schiena imbizzarrita e si ammutolisce per mezz’ora. Intanto però, a sua insaputa, un malefico tarlo si è insinuato in lei: il Tarlo della Magrezza, la versione snella del grillo parlante di Pinocchio.
Un giorno, al super, sta ultimando il conto di Marta, che è lì in compagnia di un’amica, quando una collega la chiama per una sostituzione urgente, si alza imprecando in bulgaro, per dover lasciare l’amata, e si avvia. Proprio in quel momento sente Marta fare un commento sul suo culo: Ma hai visto? Da seduta non si vedeva, sembra uno zaino pieno! E peccato che di faccia non sarebbe manco brutta.
Sente le lacrime pungerle gli occhi, ma si ammazzerebbe piuttosto che piangere.
Il Tarlo si materializza su uno scontrino: e le comunica un paio di cose importanti. Fatto N. 1: Marta è una stronza, e questo l’abbiamo accertato. Fatto N. 2: ha detto una cosa vera, lei ha il culone. Fatto N. 3: non ha mai fatto niente per farlo diminuire. Il Tarlo ha ragione. Troppo comodo crogiolarsi sul divano a smangiucchiare porcate, che se l’avesse vista Bastianich inorridito le avrebbe detto: “questo neanche mio cane mangerebbe, mi stai diludendo”. 
Scappa in bagno fingendo un bisogno impellente, afferra il cellulare seduta sulla tazza e chiama Paolo. Il Tarlo la osserva dal rotolo della carta igienica, mento tra le mani, con sguardo interlocutorio. Hai ragione Paolo. Da domani si corre.
Il giorno successivo va a comprarsi tutto l’occorrente ed è pronta per il primo allenamento.
Quel giorno fa appena in tempo a svoltare l’angolo del quartiere che telefona a Paolo per farsi venire a prendere con l’autolettiga, perché se ne sta accasciata sullo zerbino dei vicini.
La seconda uscita, dopo una settimana di convalescenza, corre per dieci minuti e poi passa la notte sulla panchina del parco, perché non è in grado di tornare a casa sulle sue gambe.
La terza uscita, la vede agonizzante sullo zerbino di casa sua stavolta, dopo quindici minuti. Per la prima volta dopo tre tentativi è stata in grado di tornare da sola, mai sottovalutare ciclopici miglioramenti. Il Tarlo è molto orgoglioso. Paolo però non ha ancora cominciato a correre!
Nel frattempo si è iscritta alla DJ TEN e dopo due mesi di uscite, 15 bolle ai piedi e un ginocchio sbucciato, ora corre dignitosamente per mezz’ora di fila e per due volte la settimana. Si è comprata anche della letteratura scientifica specializzata: Parli sempre di corsa di Linus. Niente potrebbe essere più adeguato, meglio fare riferimento a testi altamente scientifici.
Intanto arriva il sospirato giorno della corsa. Sveglia presto, agitazione diffusa, tre sedute al bagno, manco dovesse correre la maratona di New York. Indossa la sua maglietta nuova e si guarda allo specchio. Negli ultimi mesi ha perso peso, il suo culo è più sodo ed è diminuito. Ha le guance abbronzate, grazie al tempo trascorso all’aperto e si sente più sicura di sé, non è più la cassiera pera, è ancora una cassiera, ma forse più banana.
Paolo suona alla porta, è passato a prenderla e insieme si recano alla partenza.
Musica, gente sorridente. C’è di tutto alla partenza. E c’è anche lei. 10,9,8…3,2,1 via!
I primi 2 km vanno via lisci. Al 3° km comincia a scapparle la pipì, sarà che ha bevuto una tanica alla partenza? Forse se aumenta il ritmo, suda di più e le passa lo stimolo. Così fa un tentativo. Ma al 6° vede la madonna di Lourdes in lontananza che indossa il velo azzurro, ma con le nike e dei pantaloncini giallo acido.
Non molla. Rallenta il ritmo, stringe i denti, si domanda se si noterebbe un rivolo di pipì scendere lungo l’interno coscia. Ma non è ancora abbastanza stanca distruggere la sua dignità. Resistere, le ordina il Tarlo.
8° km, dolore al tendine, ma non le scappa più la pipì, son soddisfazioni.
9 e mezzo, quello in lontananza sembra Paolo, che si sbraccia per salutarla, lei ha gli occhi annacquati dal sudore. Il dolore al tendine ora è 8 in una scala da 1 a 10. Vorrebbe tanto alzare il braccio per ricambiare il saluto, ma sa che se lo farà non avrà energia necessaria per fare un altro passo, quindi gli passa accanto e spera che si accorga del suo sbracciare con le sopracciglia, è un amico vera, capirà.
“Ma non potevo andare semplicemente in palestra come tutte?” E mentre impreca, in uzbeko questa volta, pensa che ormai è davvero troppo tardi per tornare indietro, mancano solo pochi fottutissimi met… SBOING!
Non ha notato una buca nel selciato e ora sta cadendo rovinosamente sull’asfalto. Si vede da fuori alla moviola. Storta, inclinazione in avanti, 30°, 90°, 180°, impatto al suolo, strisciata, “sbucciatura tragica” del ginocchio, rotazione a destra, culata e imprecazione turca (nell’improperio è poliglotta nella vita dice a malapena Hallo). Il tarlo emette un urlo sordo e si mette le mani nelle antenne.
Ritorna in sé, si guarda. Ginocchio sanguinante, dolore pazzesco e persone che continuano a correrle intorno. Una ragazza si ferma, la aiuta a rialzarsi, le chiede se sta bene e se ce la fa a continuare. Avrebbe voglia di piangere, ma lei non piange mai, come nei migliori film di eroine in sovrappeso. Dai, dai, le grida il Tarlo!
Maledizione no, ha ragione. È arrivata fino lì, si vede il traguardo, non può mollare adesso. Sente la musica di Momenti di gloria, altra allucinazione? Non le importa se è sudata, tutta rossa, sanguinolenta e probabilmente, anche un po’ maleodorante… le interessa solo che due splendidi occhi castani, la stanno guardando preoccupati e vogliono sapere se ce la farà.
Zoppicante si rimette a correre di fianco a lei che la guarda sorridendo. Km 10. Stavolta lo vede bene Paolo e ammiccando gli indica la nuova amica strizzando l’occhio. Alza le braccia e taglia il traguardo! Ciao io sono Chiara e tu come ti chiami?



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