domenica 27 novembre 2011

ABIO

Ho pensato molto a questo pezzo. Ero indecisa se farlo oppure no perché non fa ridere. Poi una persona a me cara, mi ha ricordato che la gente non legge solo cose che la fanno ridere. Non apprezza solo quelle. E mi siete venuti in mente proprio voi, che quando vi ho fatto votare il pezzo che vi era piaciuto di più, alla fine avete scelto in larga maggioranza Buon Compleanno Parigi, che tra tutti era l’unico che ridere non faceva proprio. Quindi corro il rischio. E se non vi piacerà sarà sufficiente smettere di leggere.
Sapete cosa è ABIO?Associazione Bambini in Ospedale.
Obiettivo: far giocare i bambini che vi sono ricoverati oppure fare due chiacchiere con i genitori che magari cercano qualche minuto di fuga dalla realtà parlando del Grande Fratello. Il Besta è un istituto per malattie neurologiche.
Qualcuno mi ha detto “Non voglio ascoltare perché sono troppo sensibile”. Beh, voglio solo dire che non è che il non parlarne faccia scomparire il problema. Queste piccole persone esistono comunque. E sarebbe bello se ognuno facesse qualcosa per loro. Se siete troppo “sensibili” smettete di leggere adesso.
Quasi mai so cosa hanno questi bambini, perché per regola non si chiede. Non è importante. Devi solo sapere se è necessario fare attenzione a qualcosa quando te li lasciano in consegna. Una signora mi lascia Fabrizio per scendere a fumare una sigaretta: “Signora c’è qualcosa che devo sapere?” e lei: “Si, se sviene si segna l’orario per cortesia?” “Ah, gulp...certo, vada pure” e intanto mi faccio il segno della croce, perché anche se ci sono tutte le infermiere a disposizione come minimo dopo lui svengo io. Matteo, anni 4 e Andrea, anni 5 si incontrano in sala giochi. Matteo ha decine di elettrodini in testa, per monitorare l’attività celebrale. Tutti gli elettrodi hanno dei fili colorati che vengono risposti in uno zainetto che si deve portare in giro per un giorno. Non è un esame doloroso, è solo scomodo. Andrea a Matteo: “L’ho fatto anche io quello lì sai? Non fa male! E poi mi hanno dato una caramella quando ho finito. “ Matteo: “Si è vero non fa male, la caramella me la danno domani però” leggero disappunto. Nadia: “Ma lo sapete a cosa serve questo esame?” Silenzio interessato. “A studiare i sogni che fate di notte”. Andrea: “Nuuoooo! Vuoi dire che hanno visto i Gormiti che ho sognato? C’era una battaglia grandissima!”, in sala giochi Matteo e Andrea ricreano la battaglia grandissima dei Gormiti con un castello di plastica e tanti mostri di gomma. Sono fantastici. Per loro è tutto normale.
Dragan ha 3 anni. E’ nella sua stanza da un mese e mezzo. Sappiamo che è gravissimo con poche speranze, ma ogni volta che arriviamo e lo troviamo lì, speriamo che la sua tenacia da toro abbia la meglio sulla sorte. La mamma, una ragazza rumena giovanissima, non ce lo lascia quasi mai, fino al giorno in cui ci chiede di poter scendere a fumare una sigaretta. Stiamo in cameretta Sabina, l’altra volontaria ed io. Controlliamo tutte le macchine. Sembra una centrale. Il sabato successivo Dragan non c’è più e non è andato a casa. Lo sapevamo fin dall’inizio. Ma quel giorno è di una pesantezza mostruosa. Sorte bastarda. Il dottor House esiste solo in televisione. L’impotenza è una sensazione orrenda.
Matilde, 8 anni. Giochiamo a Memory? Noooo, in questo gioco sono davvero una chiavica, mi scoprirà subito e perderò in modo davvero clamoroso. A metà partita io ho fatto 3 coppie lei una quindicina. E’ corretta e precisa, non prova ad imbrogliare, sa sempre quando è il mio turno. Io mi distraggo ogni tanto a parlare con sua mamma che mi racconta la loro ultima settimana e alla fine, senza alcuna sorpresa vince lei, un cappotto tremendo, tipo 50 coppie a 12. Battuta da una creatura di 8 anni. Giochiamo ancora? Certo le dico. “Nadia ne metto meno, magari ti viene più facile fare le coppie....”. Nuuuooo! Cioè ci rendiamo conto? Lei semplifica il gioco per farmi vincere! Che umiliazione. Ed in effetti la partita numero due, con meno carte, si chiude con un pareggio dignitoso. Poi mi chiede di giocare a Nomi, cose, animali, etc. Qualcuno in sala giochi sceglie una lettera dell’alfabeto e noi dobbiamo trovare un nome per ognuna delle categorie scelte. Qui son forte, mi sento che posso anche vincere. Abbiamo anche una categoria personaggi famosi e ... volete ridere? Lei ha una passione per il cinema, sì ma non Walt Disney! Per lei i personaggi famosi sono tutti registi di film d’autore! Sono basita! T ... Tornatore! S...Salvatore! Alla C io sfoggio un azzeccato Calvino e lei ribatte Comencini. Non ci credo. Sto giocando con un genio! Mi dice: “Te lo ricordi Io non ho paura?”. “Si certo, bello vero?” Fra un po’ mi citerà film russi che avranno avuto 34 spettatori.... Iniziamo a conversare di cinema sempre giocando fino all’arrivo del pasto. Insomma qui mi sono difesa bene ma ho perso lo stesso. Che splendida personcina.
Mi avvicino a Kumba. E’ una bellissima bambina di 10 anni, sua mamma ce l’ha lasciata per andare a cercare di comprarle un pigiamino. Ha mal di schiena ed è scossa da spasmi alle braccia che le impediscono di afferrare gli oggetti con la facilità di un bambino normale, quindi ogni cosa che fa le costa fatica e diversi tentativi, ma non vuole assolutamente essere aiutata. Infatti quando mi avvicino per farla mangiare, senza che possa neppure chiederle niente, mi dice sicura che fa da sola. Le sto vicino e la guardo combattere contro quel malefico maccherone che si fa inseguire dalla forchetta tremante. Ma alla fine vince lei, e piano piano finisce il suo piatto di pasta. Capisco che è contrariata perché ha sporcato il vassoio della mensa con il pomodoro, in silenzio le porgo tovaglioli di carta e lei mi fa un sorriso enorme che mi cambia la giornata. Pulisce tutto e poi mi dice che è felice perché nel pomeriggio arriverà suo papà con suo fratello. E’ davvero bella con le sue treccine nere che le ha acconciato la mamma. E’ del Niger. Ma vive qui da quando è nata. La mamma è tornata, lei mi saluta, ringrazia e torna in cameretta a riposare.
Claudia ha 15 anni, l’ho vista un sabato. Aveva strani bottoncini di plastica sulla fronte, lunedì avrebbero dovuto operarla. Era cicciotella in viso, ma occhi chiari molto espressivi, coda di cavallo. Mi racconta dei litigi con sua sorella che è interessata solo allo shopping. Lei no, lei veste solo in tuta e jeans, adora lo sport e i giochi da maschio, come li chiama lei. La rivedo il sabato successivo. A momenti non la riconosco, E’ bellissima, il viso magro, gli occhi azzurro chiaro splendenti e i capelli sciolti sono ricci e luminosi. La guardo e le dico che è bellissima. Lei mi dice che è finalmente sgonfiata e che sta proprio bene, spera di andarsene martedì. Sono davvero felice, non era cicciottella, era gonfia per i medicinali! Sembra un’altra persona. La madre è raggiante. Ci sono tante storie a lieto fine, non tutte, ma quasi. Vorrei dire grazie a questi genitori splendidi che mai ho visto cosi solidali fra loro a dispetto di colore, razza e provenienza. E a questi bambini che riescono sempre a strapparmi un sorriso e per qualche ora a farmi entrare in una dimensione parallela alla mia, da cui si può uscire solo più arricchiti.


Le persone descritte in questo pezzo sono assolutamente reali i nomi sono stati cambiati per rispetto alla loro privacy. 


5 commenti:

  1. La madre empatica che c'è in me è stata male solo a leggere il pezzo. Complimenti ragazza, ci vuole del coraggio. Io personalmente non ce l'ho ma - Dio non voglia - se fossi al posto di quelle mamme vorrei proprio trovare una persona come te lì.

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  2. Brava Gatta, l'altra cosa che mi fa incazzare è quando mi dicono che lo posso fare solo perché non ho figli. Ecco tu l'hai detto bene. Bacio

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  3. Amica mia, che dire? Sei sempre stata vicina al mio cuore, ora ancora di più, perché hai capito quello che non si può spiegare.
    Grazie per il pezzo che hai scritto.
    TVB
    Laura

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  4. Cara Nadia, ho fatto la stessa esperienza con i colleghi di D. Mii ricordo della andata in ospedale, tutti a parlare de lavoro e altri cavolate. Al ritorno tutti zitti, colpiti dai sirrisi di questi bambini e dello sguardo dei genitori... Una delle esperienze piu belle e consigliabili che abbia fatto...

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  5. Questo è molto meglio di un pezzo che fa ridere, perché ci fa capire che non sono solo i bambini di cui parli che ci toccano il cuore, ma anche i loro genitori.
    Essi crescono in fretta perché la sofferenza insegna loro quello che noi facciamo sempre troppa fatica a capire e cioè che qualche volta, proprio il dolore ci ricorda che siamo vivi e autentici. Infatti, quando vogliamo vedere il nostro viso ci guardiamo allo specchio, ma quando vogliamo sapere chi siamo ci guardiamo negli occhi di coloro che incontriamo.
    Carla

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