Non andavo a teatro da un bel po’ di tempo e adoro Carofiglio, ex
magistrato e scrittore. Quindi quale migliore occasione che questa per unire
due cose piacevoli allo stesso tempo. Spettacolo molto piacevole tratto dall’omonimo
libro. Carofiglio narra dell’uso improprio e proprio delle parole. Di come
vengano usate in modo errato nel linguaggio legale di cui lui è stato un esimio
rappresentante, o in moltissime altre circonstanze, di come nascondano
significati reconditi, di come narrino di bellezza di come siano pieni di
significato i contrari di alcune di esse. Si rivolge al suo pubblico, parla con
loro, con noi e ci racconta e ci spiega e ci fa sentire parte. Rilegge alcuni
pezzi toccanti come quello di Gramsci, commuovendoci. Per completezza ve la
allego qui sotto. Merita di essere letta e vi allego anche il link al suo
video: merita di essere ascoltata.
“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi
vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è
abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio
gli indifferenti.
L’indifferenza è il peso morto
della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera
passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò
che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia
bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su
tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia
promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere
uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e
l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela
della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora
sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia
altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale
rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi
non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano
pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano:
se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia
volontà, sarebbe successo ciò che è successo?
Odio gli indifferenti anche per
questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo
conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e
gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha
fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà,
di non dover spartire con loro le mie lacrime.
Sono partigiano, vivo, sento nelle
coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia
parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa
ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente
opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare
mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio
chi non parteggia, odio gli indifferenti”.
11 febbraio 1917
11 febbraio 1917
Voto allo spettacolo 8. Carofiglio è bravo, ed è capace di raccontare al
suo pubblico con sentimento e grande ironia, dote che come ben sapete io
apprezzo molto. Lo rivedrei volentieri. Adorabile il suo leggero accento
siciliano.
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