giovedì 30 settembre 2010

Trincherini contro Alaimo

Mi pare di ricordare che non abbiamo mai toccato l’argomento cucina. Penso sia giunto il momento di farlo.
Partiamo dal presupposto che le mie capacità culinarie sono pari a quelle di una capra tibetana, però ho tre piatti forti e posso invitare le stesse persone al massimo tre volte, perché poi mi toccherebbe ripartire con il primo piatto e la gente scoprirebbe li dejà vu, oppure il dejà gouté! Comunque da quando vivo in Romagna mi sono abbastanza sbizzarrita con le ricette e ho tentato nuove strade.
LA STRAGE DI MASSA
Un tranquillo sabato estivo, decido di comprare dalla mia azienda le vongole fresche, per improvvisare una splendido spaghetto. La prima difficoltà è tirare fuori la macchi
na dal parcheggio per andare al magazzino pesce fresco a fare il carico: i miei colleghi burloni mi hanno delicatamente posato dietro all’auto un pallet di cartoni che mi lascia all’incirca 5 cm per fare manovra davanti, mentre dietro sono attaccata al pallet. Che simpaticoni! Ora scendo, agguanto un muletto e mi metto a correre all’impazzata nel parcheggio fino a che non viene qualcuno a fermarmi. Dopo ardue manovre sposto il pallet e riesco ad uscire. Infami felloni, pagherete l’offesa con il pesce: carico una fionda con i gusci di vongola vuoti e ve li lancio a ripetizione. Porto a casa finalmente le mie vongolette e seguendo i consigli del massimo esperto, il gran visir di tutti i pesci, il responsabile del reparto, le lascio a bagno in acqua e sale per un’ora e mezza, perché se no muoiono mi viene detto (rimuovo il concetto funebre per il momento, non realizzo la realtà drammatica che sta per prospettarmisi). Dopo la sosta salata in pentola, svuoto e le ricopro parzialmente d’acqua intanto gli spaghetti cominciano a cuocere. Accendo il fornello e attendo, dopo 6/7 minuti dovrebbero schiudersi. 3 minuti, niente di niente. L’acqua si è scaldata ma le vongole giacciono imperterrite senza parlarmi. 5 minuti, ancora niente. 7 minuti il niente. ALLORAAAAA? Improvvisamente si apre una boccuccia! E poi un’altra e un’altra ancora… e via! Tripudio di boccucce aperte! I miei amici si congratulano e mi dicono: ora sono morte! Eh? Prego? Come sono morte? Realizzo in quell’istante di essere la causa di una strage di massa, non compro l’astice o l’aragosta per un principio di rispetto nei confronti della natura e del mondo animale e poi stermino un’intera chilata di vongole in pochi minuti? Mi sta per scendere una lacrima, ma faccio scaldare aglio e olio e do l’estrema unzione alle poverine insieme a dei meravigliosi spaghetti De Cecco 13 minuti di cottura. Una spolverata di prezzemolo, la morte loro, ops, la battuta è forse fuori luogo? E via di forchetta. Il funerale è stato celebrato con grande partecipazione. La loro morte non è avvenuta invano.
LIMONCELLO
Saltiamo di regione in regione e adattiamo la cucina al clima. Siamo al caldo, come non celebrare degnamente la fine di una cena con un buon limoncello? E poi devo bere per dimenticare che ho ucciso le vongole. L’uni
ca ricetta in mio possesso cita il succo di limone, denigrato da tutte le cuoche del mondo vado quindi in internet, fonte inesauribile di informazioni più corrette. Bene, trovo una ricetta con nove varianti: per un litro di alcool a 95° passiamo da 200 a 1000 grammi di zucchero per lo sciroppo, da 2 giorni di sosta delle bucce con l’alcool a 40 giorni e per finire chi filtra il tutto al giorno 1 e chi filtra dopo 2 anni. Ma come diavolo faccio a decidere quale fare? Ma non c’è il sito: cuochi per caso? Il manuale dei giovani cuochi? Insomma, approccio scientifico, chiudo gli occhi e scelgo una ricetta a caso. Tolgo tutte le bucce senza la parte bianca e lascio in infusione per 23 giorni, il tempo di far arrivare le mie amiche, filtro e metto in bottiglia. Assaggio. A momenti svengo. Grado alcolico: 47,5°!! All’anima del limoncello leggero!! Certo che se mi dite di diluire il tutto con un litro di sciroppo, si fa in fretta a fare il calcolo, è matematica: 1 litro a 0° + 1 litro a 95° = 2 litri a 47,5°! Ovvero, una bomba! Rimaneggio la sostanza e aggiungo sciroppo, altrimenti le mie amiche penseranno di essere in alta montagna a bere Genepi invece del mare a bere limone!! Alla fine le costringo all’assaggio dopo una lauta cena e complice la pancia piena riesco a non farle star male! In compenso dopo il primo assaggio si assopiscono ad una ad una sul tavolo della cucina e sul divano della sala! Capolavoro! Dopo soli 6 minuti ko tutte quante con bolla al naso. Però due su quattro se ne vanno con una bottiglia sotto il braccio, evidentemente così orrendo non era.
PESTO, TI PESTO, IL PESTO
Questo è uno dei miei cavalli di battaglia. Il pesto mi viene sempre un gran bene, e se riesco a rianimare il basilico che ho sul balcone che dopo un temporale tipo tempesta perfetta ha assunto un colore giallognolo banana, siamo a cavallo. Abbiamo tutti gli ingredienti: pecorino, grana, pignoli, a
nzi, pinoli, basilico, lavato a mano fogliolina per fogliolina, dopo aver praticato la respirazione bocca a bocca, sale, olio extravergine di oliva, e per finire qualche mandorla! Butto tutto in una terrina e attivo il minipimer, purtroppo niente mortaio di marmo, siamo moderni. Nell’esatto istante in cui attivo l’interruttore mi parte uno schizzo di olio e di basilico sulla maglia, sono soddisfazioni, ferita nel compimento del proprio dovere. Ho dimenticato un ingrediente importante: l’aglio! Per il noto proverbio meglio abbondare che deficiere ne metto un paio di spicchi. Forse tre, magari anche quattro? Insomma una bomba numero due. Dopo una cena con questo pesto, ci vuole per forza un limoncello a 50°… Se invito qualcuno devo essere certa che lo mangiamo in due, oppure chi non lo mangia muore. Intossicazione da gas letali.
IL MIO NOME E’ ZINO, BRAN ZINO
Citiamo il pesce. Chiedo al mitico caporeparto anche un pescetto da fare al forno. Quando vado a ritirarlo devo aprire un finestrino per farlo stare in macchina, mi sembra lungo un metro. Per fortuna se Dio vuole è già estinto e mi sento meno in colpa rispetto alle vongole. Quando lo tolgo dalla carta in ogni caso mi sta guardando e devo dire che la cosa non mi mette tranquilla. Ha un non so che di inquietante. Lo metto sotto il lavandino, è lungo come una baguette! Potevo portarlo sotto ad un’ascella! Lavato e stirato lo adagio sulla stagnola e lo riempio di sapori, compreso l’aglio ovviamente, quando uno comincia, poi è difficile uscire dal tunnel… lo ricopro anche di sale di Cervia, non posso fare altrimenti. Comunque continua a guardarmi, ve lo giuro. Mi scende un brivido, decido quindi di finirlo e lo caccio in forno a 160°. Dopo un’ora lo tiro fuori, perfetto, ma è sempre vigile! Poniamo rimedio: decapitazione, depilazione deliscamento, pronto per lo stomaco! L’occhio lo butto in pattumiera… e magari per sicurezza la pattumiera la porto giù stasera!
LE SCALOPPINE ROSSE, COMUNISTE?
Un altro dei miei piatti forti sono le scaloppine, peraltro uno dei pochi secondi che sono in grado di cucinare se escludiamo le frittate. Bene mi accingo a prepararne un paio e chiamo la massima esperta di cucina per farmi consigliare, la mia amica Romina, che cucina come Massimiliano Alaimo. Mi suggerisce di unire alle scaloppine del succo d’arancia per renderle più morbide e delicate, non specifica però di che tipo. Decido chiaramente di seguire il consiglio, dispongo solo di arance tarocco, quelle rosse avete presente? Ecco appunto. Spremo il succo che è chiaramente rosso. Metto in padella la carne, dolcemente avvolta nella farina e aggiungo il succo di arancia dopo pochi minuti di cottura…. TRAGEDIA! Pare una scena di Dario Argento, le cotolettine si tingono di sangue e diventano meravigliosamente rosse. Non ci posso credere, anche stavolta ho commesso un crimine in cucina. Che ci metto come verdura? Un bel lato di spinaci due righe di mozzarella e ho fatto Verde Bianco e Rosso! La bandiera italiana: come trasformare un crimine in un atto patriottico
!

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