Chiara
è una ragazza di trent’anni, piccoletta, fatta un po’ a pera, secondo le
riviste di moda, timida e schiva. Lavora alla cassa di un supermercato.
Trascorre otto ore della giornata seduta, combattendo una personale battaglia
contro lo scanner che, di norma, s’inceppa e fischia come una gazza.
È
sicura che la causa del suo culo 3.0, sia proprio quel lavoro. Ha preso la
forma dello sgabello dove sta appollaiata come una poiana e poi, quando arriva
a casa la sera, è troppo stanca per qualsiasi sport, così si accascia sul
divano sgranocchiando patatine o cioccolato per combattere le frustrazioni di
un lavoro tanto ripetitivo e del suo amore infelice.
È
innamorata di Marta, una cliente. La vede almeno una volta la settimana, quando
viene a fare la spesa e conosce il suo nome perché l’ha letto sulla carta di
credito (e si sente un po’ un’agente speciale per questa poliziesca scoperta).
Marta, secondo lei, non si rende neppure conto che lei esiste, come donna intende,
non come cassiera
In
fondo però Chiara è anche contenta che Marta la veda solo da seduta, così
almeno è impossibile per lei notare il culone…certo che se mai dovesse alzarsi
sarebbe la fine di una storia mai cominciata.
Un
giorno, si sente chiamare all’altoparlante. Deve raggiungere con urgenza, la
direzione.
Quando
arriva le comunicano che ha vinto il premio Cassiera del mese e ha diritto a un
week end per due a Rimini. Ovviamente ci porterà Paolo, l’amico gay di sempre.
Mentre
sono in giro x Rimini, la domenica mattina, finiscono per caso in mezzo alla
Maratona e rimangono bloccati a causa del passaggio dei runners appena partiti.
Beh,
Chiara rimane folgorata, stanno passando i primi atleti, i kenioti, dai tratti
inconfondibili e dagli scatti da leopardo, seguono altri corridori dai corpi
scolpiti e leggiadri. Anche Paolo è folgorato, ma per ragioni diverse! La
guarda e scoppia a ridere, pensava di essere l’unico a osservare i corpi dei
ragazzi, invece anche Chiara ne è rapita e lui ne approfitta per dirle che
forse potrebbe cominciare anche a lei a correre un pochino come va tanto di
moda ora, visto che si lamenta sempre del suo sedere, anzi potrebbero correre
insieme visto che anche lui qualche chiletto lo perderebbe volentieri. Lei lo
guarda inorridita, come se le avesse appena chiesto di sgozzare 20 venti
galline a mani nude. Gli gira la schiena imbizzarrita e si ammutolisce per
mezz’ora. Intanto però, a sua insaputa, un malefico tarlo si è insinuato in
lei: il Tarlo della Magrezza, la versione snella del grillo parlante di
Pinocchio.
Un
giorno, al super, sta ultimando il conto di Marta, che è lì in compagnia di
un’amica, quando una collega la chiama per una sostituzione urgente, si alza
imprecando in bulgaro, per dover lasciare l’amata, e si avvia. Proprio in quel
momento sente Marta fare un commento sul suo culo: Ma hai visto? Da seduta non
si vedeva, sembra uno zaino pieno! E peccato che di faccia non sarebbe manco
brutta.
Sente
le lacrime pungerle gli occhi, ma si ammazzerebbe piuttosto che piangere.
Il
Tarlo si materializza su uno scontrino: e le comunica un paio di cose
importanti. Fatto N. 1: Marta è una stronza, e questo l’abbiamo accertato. Fatto
N. 2: ha detto una cosa vera, lei ha il culone. Fatto N. 3: non ha mai fatto
niente per farlo diminuire. Il Tarlo ha ragione. Troppo comodo crogiolarsi sul
divano a smangiucchiare porcate, che se l’avesse vista Bastianich inorridito le
avrebbe detto: “questo neanche mio cane mangerebbe, mi stai diludendo”.
Scappa
in bagno fingendo un bisogno impellente, afferra il cellulare seduta sulla
tazza e chiama Paolo. Il Tarlo la osserva dal rotolo della carta igienica,
mento tra le mani, con sguardo interlocutorio. Hai ragione Paolo. Da domani si
corre.
Il
giorno successivo va a comprarsi tutto l’occorrente ed è pronta per il primo
allenamento.
Quel
giorno fa appena in tempo a svoltare l’angolo del quartiere che telefona a
Paolo per farsi venire a prendere con l’autolettiga, perché se ne sta
accasciata sullo zerbino dei vicini.
La
seconda uscita, dopo una settimana di convalescenza, corre per dieci minuti e
poi passa la notte sulla panchina del parco, perché non è in grado di tornare a
casa sulle sue gambe.
La
terza uscita, la vede agonizzante sullo zerbino di casa sua stavolta, dopo
quindici minuti. Per la prima volta dopo tre tentativi è stata in grado di
tornare da sola, mai sottovalutare ciclopici miglioramenti. Il Tarlo è molto
orgoglioso. Paolo però non ha ancora cominciato a correre!
Nel
frattempo si è iscritta alla DJ TEN e dopo due mesi di uscite, 15 bolle ai
piedi e un ginocchio sbucciato, ora corre dignitosamente per mezz’ora di fila e
per due volte la settimana. Si è comprata anche della letteratura scientifica specializzata:
Parli sempre di corsa di Linus. Niente potrebbe essere più adeguato, meglio
fare riferimento a testi altamente scientifici.
Intanto
arriva il sospirato giorno della corsa. Sveglia presto, agitazione diffusa, tre
sedute al bagno, manco dovesse correre la maratona di New York. Indossa la sua
maglietta nuova e si guarda allo specchio. Negli ultimi mesi ha perso peso, il
suo culo è più sodo ed è diminuito. Ha le guance abbronzate, grazie al tempo trascorso all’aperto e
si sente più sicura di sé, non è più la cassiera pera, è ancora una
cassiera, ma forse più banana.
Paolo
suona alla porta, è passato a prenderla e insieme si recano alla partenza.
Musica,
gente sorridente. C’è di tutto alla partenza. E c’è anche lei. 10,9,8…3,2,1
via!
I
primi 2 km vanno via lisci. Al 3° km comincia a scapparle la pipì, sarà che ha
bevuto una tanica alla partenza? Forse se aumenta il ritmo, suda di più e le
passa lo stimolo. Così fa un tentativo. Ma al 6° vede la madonna di Lourdes in
lontananza che indossa il velo azzurro, ma con le nike e dei pantaloncini
giallo acido.
Non
molla. Rallenta il ritmo, stringe i denti, si domanda se si noterebbe un rivolo
di pipì scendere lungo l’interno coscia. Ma non è ancora abbastanza stanca distruggere
la sua dignità. Resistere, le ordina il Tarlo.
8° km,
dolore al tendine, ma non le scappa più la pipì, son soddisfazioni.
9 e
mezzo, quello in lontananza sembra Paolo, che si sbraccia per salutarla, lei ha
gli occhi annacquati dal sudore. Il dolore al tendine ora è 8 in una scala da 1
a 10. Vorrebbe tanto alzare il braccio per ricambiare il saluto, ma sa che se
lo farà non avrà energia necessaria per fare un altro passo, quindi gli passa
accanto e spera che si accorga del suo sbracciare con le sopracciglia, è un
amico vera, capirà.
“Ma
non potevo andare semplicemente in palestra come tutte?” E mentre impreca, in
uzbeko questa volta, pensa che ormai è davvero troppo tardi per tornare
indietro, mancano solo pochi fottutissimi met… SBOING!
Non
ha notato una buca nel selciato e ora sta cadendo rovinosamente sull’asfalto. Si vede da fuori alla moviola. Storta,
inclinazione in avanti, 30°, 90°, 180°, impatto al suolo, strisciata, “sbucciatura
tragica” del ginocchio, rotazione a destra, culata e imprecazione turca
(nell’improperio è poliglotta nella vita dice a malapena Hallo). Il tarlo
emette un urlo sordo e si mette le mani nelle antenne.
Ritorna
in sé, si guarda. Ginocchio sanguinante, dolore pazzesco e persone che
continuano a correrle intorno. Una ragazza si ferma, la aiuta a rialzarsi, le
chiede se sta bene e se ce la fa a continuare. Avrebbe voglia di piangere, ma
lei non piange mai, come nei migliori film di eroine in sovrappeso. Dai, dai,
le grida il Tarlo!
Maledizione
no, ha ragione. È arrivata fino lì, si vede il traguardo, non può mollare
adesso. Sente la musica di Momenti di gloria, altra allucinazione? Non le importa
se è sudata, tutta rossa, sanguinolenta e probabilmente, anche un po’
maleodorante… le interessa solo che due splendidi occhi castani, la stanno
guardando preoccupati e vogliono sapere se ce la farà.
Zoppicante
si rimette a correre di fianco a lei che la guarda sorridendo. Km 10. Stavolta
lo vede bene Paolo e ammiccando gli indica la nuova amica strizzando l’occhio.
Alza le braccia e taglia il traguardo! Ciao io sono Chiara e tu come ti chiami?