lunedì 30 novembre 2009

LE CONCERT – Film di Radu MIHAILEANU

http://www.mymovies.it/trailer/?id=59311

CAPOLAVORO!!!!!Andate a vedere questo film. Un mio amico mi prenderebbe in giro per cinque minuti se ammettessi che il film è in lingua russa sottotitolato in francese per me ed in italiano per voi, ma vi assicuro che non è affatto un polpettone culturale da cinema d’essai che fa dormire, ma un racconto divertente e dolce che ti lascia con una bella sensazione quando esci.
All’epoca di Brejnev il più grande direttore d’orchestra del Bolshoi si rifiuta di suonare senza i suoi musicisti ebrei e per questo viene licenziato. Venticinque anni dopo, lavora ancora per il Bolshoi ma facendo le pulizie, per caso intercetta un fax del Teatro Chatelet di Parigi che invita l’orchestra russa per una rappresentazione e decide di ricostuire il suo vecchio gruppo e di sostituirsi a quello vero. A parte lo spasso di alcune scene, c’è una dolcezza nella vicenda e una sensibilità nel raccontare gli eventi che vi farà bene al cuore. Nessuna lacrima perché la storia è veramente dignitosa. Superba Melanie Laurent, che interpreta la solista francese chiamata dal gruppo russo, per una ragione ben precisa che lascio a voi scoprire e che è la stessa attrice che in Inglorious Bastards interpreta la proprietaria del cinema. Voto 9 e mezzo. Ps. Gulp, ho scoperto che in Italia uscira il 29 Gennaio 2010! Beh pero’ almeno sapete che non dovete perdervelo!

Eccoti alcuni consigli di lettura di Roberto Sonzini

1) "Il gioco dell'Angelo" di Ruiz Carlos Zafon, l'autore è lo stesso di "L'ombra del vento" e come il primo libro anche questo risulta molto intrigante e coinvolgente.
2) "La lunga estate calda del commissario Charitos" di Petros Markaris, lettura decisamente meno impegnativa del precedente ma molto piacevole. Sarebbe bene leggere tutta la serie del commissario Charitos perchè i libri che seguono hanno sempre dei richiami dai precedenti. Lettura consigliata se si conosce il personaggio/autore.
3) "Le parole sognate dai pesci" di Davide Van De Sfroos, brevi racconti nello stile Van De Sfroos.

Adesso uno "sconsiglio":
4) "Il mago del vento" di Vauro Senesi, tentativo non riuscito di cavalcare i successi di racconti come "Il cacciatore di Aquiloni" o "Mille splendidi soli", quella araba non è la sua cultura.

LA FORTUNA NON ESISTE – M. Calabresi

Un saggio. Una serie di racconti di personaggi incontrati nell’America di Obama da Calabresi. Che ne penso? Mah, direi che non è il mio genere, perchè alla fine il saggio non riesce quasi mai ad appassionarmi e perchè i contenuti non mi hanno convinto nonostante questo libro abbia avuto un grandissimo successo. Si tratta di storie legate alla crisi americana di persone che hanno toccato il fondo e sono riuscite a risalire grazie alle loro capacità e alla loro forza di volontà a sostegno del fatto che la fortuna non esiste, nel senso che sono le abilità umane che permettono di raggiungere i traguardi. Ne discutevo con un amico qualche sera fa e indubbiamente ci vogliono le capacità umane, sapete bene quanto credo nell’arbitrio umano e nella forza di volontà, ma purtroppo non sempre sono sufficienti. E secondo questo libro basta volere e impegnarsi. In realtà mi domando quante sono le persone che non sono citate e che hanno fallito, nonostante l’impegno, perchè purtroppo talvolta la fortuna esiste e serve. E’ comunque una lettura piacevole. Il pezzo che ho preferito è quello che parla di John Nash, ve lo ricordate A beautiful mind? Ecco proprio lui, il matematico un po’ folle della teoria dei giochi, che pero’ con l’America della crisi non ha niente a che vedere. Voto 6-.

mercoledì 25 novembre 2009

Momento Benessere

Questo pezzo è dedicato alle donne, quindi uomini se volete, voltate pagina, oppure in questo caso, dato lo strumento, scollegatevi dal blog e andate sul sito della Sampdoria oppure aprite una lattina di birra e mettetevi a mastruzzare il telecomando. Ogni riferimento a fatti e persone contenuti in questo pezzo è puramente causale. Immaginatevi se facessi anche solo un minimo riferimento ad una delle mie amiche … fine di amicizie storiche. Comunque passiamo oltre e arriviamo al punto. Ci sono dei pomeriggi, nei fine settimana delle donne, dedicati alla cura della persona. Ecco alcuni esempi illuminanti di procedure di ringiovanimento, rinnovamento cellulare (nel senso di cellule epiteliali, non nel senso di Nokia), asportazione di materiale in eccesso, spianatura di solchi d’espressione che sul viso degli uomini sono segni di fascino e maturità, mentre sul viso di una donna il corridoio antecedente la residenza per anziani.
La maschera all’argilla
Strumento purificante della pelle. Stendere uno strato di maschera sul viso ben pulito e lasciar asciugare. Ci sono un paio di dettagli che il foglietto informativo si dimentica di specificare. Punto uno, appena finite di cospargervi assumete l’aspetto di un Visitors, verde pisello, impressionante, fate schifo anche alla vostra migliore amica, neanche vagamente immaginabile farlo con un fidanzato a casa, l’abbandono immediato sarebbe più che giustificato. Punto due, quando la maschera si asciuga, voi avete la faccia completamente paralizzata, perchè l’argilla si secca e si indurisce, generando delle crepe sul volto che sono identiche a quelle del deserto del Gobi. Chiaramente proprio in quel momento vi suona il telefono e dovete per forza rispondere perchè si tratta dell’uomo più bello del mondo che vuole invitarvi a cena, oppure è il vicino di casa che vi avverte che vi stanno portando via la macchina con il carro attrezzi, o ancora è vostra madre e se non rispondete chiama la polizia per denunciare il vostro rapimento, essendo le sue ipotesi in generale sulla vita caratterizzate da un ottimismo tale da prevedere sempre come minimo un evento di entità catastrofica da dover essere citato al telegiornale, a Chi l’ha visto, o ancora a Grandi drammi della storia. Rispondete e hanno sbagliato numero, la faccia si spacca e cade al suolo. Ora dovete anche far pulizia.
La ceretta
Mi rendo conto che non si tratti di un argomento edificante, eppure è una tematica di grande interesse per le donne vittima di questo trattamento decespugliante o di deforestazione nei casi più drammatici, che nella migliore delle ipotesi e in bassa stagione si subisce almeno una volta al mese, e dati i tempi direi che anche gli uomni possono essere interessati al soggetto. Ci tengo a raccontare qualcosa che mi è capitata appena arrivata a Parigi e ho tentato di prenotare un appuntamento per farla. Fase uno: capire come si dice. Sarà “cerette”? Ma no dai, scopro che si dice “épilation”, molto bene, però non abbiamo finito, come diavolo si dice inguine? Si, fate pure gli spiritosi però è un casino. Scopro che si dice “mallot”. Bene sono pronta per telefonare. Aspetto che tutti scendano a bere il caffè per avere discrezione e riservatezza e compongo il numero del centro estetico. Buongiorno, volevo prenotare “un’epilation jambe entière plus mallot” precisa e corretta come un vocabolario. E la fetente ingrata dell’estetista mi domanda: “Quale inguine?”. Ma in che senso quale inguine? Ma che domanda è? Due ne ho o uno? Cioè ho un inguine o due? Ora rifletto. Ma cosa vuol dire la tipa? Insomma le chiedo quanti tipi ce ne sono. Mi risponde: “Echancré, Brasilien ou Americain”. Ma vaffan …. Ma ne so quanto prima! Le chiedo cosa vuole dire Americano, perché sciancrato mi pare di averlo capito, sarà tipo sfumatura alta. Provo con l’estremo opposto. E lei mi dice una cosa che non posso né scrivere né ripetere a voce alta dato il dettaglio con cui me lo spiega perché siamo un blog serio e non a luci rosse, ma che mi fa comprendere esattamente cosa vuol dire. Peccato che nell’esatto istante in cui rispondo “No, la totale no”, tutti i colleghi si rimaterializzano improvvisamente alla loro scrivania, anche se per fortuna le uniche che comprendono il significato di quello che sto dicendo solo le due ragazzine che lavorano con me, il che non impedisce a me comunque di diventare rossa come un peperone, e alle due sbarbatelle di rotolarsi al suolo a ridere. Negozio un brasiliano ignorandone le conseguenze e riappendo. Queste sono le occasioni in cui si percepiscono le differenze culturali tra i paesi! In Italia abbiamo un inguine solo in Francia ne abbiamo tre.
Il parrucchiere
Ammetto che su questa tematica sono una donna un po’ atipica, io odio il parrucchiere. Praticamente ci vado ogni quattro mesi, ovvero dopo aver tagliato da me medesima la frangia almeno due volte da sola e giusto in tempo per guadagnarmi il disgusto di Dominique, il principe della forbice che guardando il risultato mi chiede se per svolgere l’operazione ho utilizzato il trinciapollo oppure una sciabola … Che shampoo vuole? Ma io sono qui perché facciate tutto voi, potete evitare di farmi delle domande? Burro di karité e pomodori per la brillantezza? Mango del Canada e fiori di eucalipto dei Caraibi per renderli più soffici? Ma da quando l’eucalipto cresce ai Caraibi? Lì di fianco a scimmie e cervi? Lasciamo stare vah, preferisco continuare a vivere nell’ignoranza. Ma che bel colore che ha, glielo abbiamo fatto noi? No ciccia, me lo ha fatto la natura, sono i miei questi capelli anche se non ci credi. Avrò ragnatele di rughe sotto agli occhi e la dentiera, ma almeno non ho capelli bianchi. Tagliamo corti? Ancora domande? Senti ma vuoi tagliare la parrucca di tua nonna cortesemente? Io vorrei solo accorciare la frangia (raccurcir la frange … eh? Couper la frange … ma come si dice?). xknfoi nn brushing? Eh? Cosa hai detto? Non ho capito. Piega a brushing? Mi sta venendo lo scoramento. Ma fa un po’ quello che ti pare tanto massimo domani lavo i capelli. Perché questa è la verità, la maggior parte delle donne che conosco va dal parrucchiere e poi si rilava i capelli appena tornata a casa. Chissà cosa ci prende, se non ti piace il parrucchiere perché non lo cambi? E se ti piace perché ti rilavi i capelli appena rientri? Donne. O forse semplicemente il tema dell’incomunicabilità vede la sua massima espressione nella conversazione di una donna con il suo acconciatore. Infatti a questo proposito, aggiungo anche che io amo i riccioli non avendoli di natura e quando esco di solito ho i capelli dritti che sembro Cleopatra passata sotto una pialla e il commento di chi mi vede è: ma cosa hai fatto oggi ai capelli che sono cosi depressi?
Udite udite, la crema anticellulite (fa anche rima)
Specifichiamo subito che noi donne mettiamo la crema non per curare, ma per prevenire, perché la cellulite non sappiamo neanche cosa sia … vero? Bene, in ogni caso per questo tipo di problema esistono un paio di rimedi infallibili: il gel effetto calore e la mitica Somatoline. Bene, cominciamo con il gel effetto calore, siccome sei superficiale non hai letto bene il foglietto informativo ti spalmi la crema in quantitativi industriali, come un muratore che prepara la malta e dopo dieci minuti esatti, quando stai già facendo altro, cominciano a formicolarti le gambe e a scottare come se stessi facendo un bagno in pentola a pressione. Assalita dal panico abbassi le braghe della tuta per capire cosa sta succedendo e vedi che le tue ginocchia da modella sono rosse come la brace e hanno puntini rossi da unire con un pennarello per ottenere una figura, quale? Un pollo, ovvero te in questo momento. Attimo di illuminismo, afferri la scatola della crema e leggi le istruzioni, abbiamo scampato la reazione allergica, peccato che sia luglio e tu hai una temperatura corporea di 40° C. Somatoline. L’unica crema considerata farmaco, quindi credi che in ragione di questo fatto possa davvero fare qualcosa e poi se è un farmaco, allora sei malata e non grassa e questo è un sollievo enorme. Un dettaglio: questa crema ha la caratteristica di essere spalmabile come il cemento. Una consistenza tale da servirti la forza di venti braccia per farla assorbire. Quando inizi il trattamento devi chiedere le ferie. Qualcosa fa, perché per farla assorbire devi massaggiarti ininterrottamente per 4 ore, ergo le gambe ti si assottigliano, ma ti vengono le braccia di un lottatore di sumo. Bisogna solo scegliere. Vorrei che questo pezzo facesse riflettere su quanto è dura la vita di una donna... e gli uomini sono pregati di evitare di dire che devono fare la barba tutti i giorni, perchè alla fine, la barba, la vostra, la subiamo pure noi!

giovedì 19 novembre 2009

CHE LA FESTA COMINCI – N. AMMANITI

Lo ammetto, l’ho visto da Fazio e sono andata a comprarlo. Per me non è facilissimo sapere quando i miei autori preferiti pubblicano qualcosa di nuovo! A Parigi non lo dicono! Comunque, l’ho letto in tre giorni, altra cosa che scorre via in un attimo. Molto interessante di sicuro anche se non è tra quelli di Ammaniti che mi è piaciuto di più, ma è decisamente originale e avvicente. Salvatore Chiatti, detto Sasà, un uomo arricchito, e ricchissimo, sospettato di collusione mafiosa, per riscattarsi agli occhi del mondo, decide di organizzare la più maestosa festa di inaugurazione della sua casa, Villa Ada a Roma, che sia mai stata concepita. Non deve mancare nessuno. Fabrizio Ciba scrittore di successo, di un arrivismo disgustoso, Larita, cantante pop convertitasi alla fede dopo aver rischiato una brutta fine per questioni di droga, miss Italia, il chirurgo plastico tossicodipendente e molti altri ancora, ma insieme a loro anche Mantos, capo di una microsetta ispirata al maligno Le belve di Abaddon, che vuole uccidere Larita, con una durlindana comprata su ebay.... Non è ironico, ma dissacrante e sarcastico. Voto 7 e mezzo.

PINACOTECA DI BRERA

Nell’ultima newsletter vi ho scritto che ho vissuto 18 anni a Parigi... distrazione, ma nessuno mi ha contestato, o non siete attenti o siete molto umani! In ogni caso volevo dire che vissuto 18 anni a Milano e non ho mai visitato l’accademia di Brera, come sempre quando una città è la tua non vai a vedere quello dovresti! Quindi presto provvedero’ anche andando a vedere il Cenacolo.
Comunque qualche domenica fa chiamo per sapere se c’è molta coda e una gentilissima signorina mi risponde: “No, guardi, non c’è praticamente nessuno, come tutte le altre domeniche”. Certo che se dici cosi fai veramente scomparire ogni entusiasmo... Insomma alla fine ci vado lo stesso. Devo dire che è una collezione molto ricca. La sala chiave è l’ultima, con Lo sposalizio della Vergine di Raffaello. Un film proiettato sulla parete spiega l’origine, la composizione, i personaggi, gli aneddoti, come nelle migliori esposizioni europee. Peccato che tutto il resto delle sale abbia un sapore un po’ antico...vabbè dico la verità: vecchio. Le audioguide non funzionano e nelle sale ci sono delle tavole di commento solo in lingua italiana. Peccato. Se fossi una straniera mi arrabbierei. Comunque le opere sono prevalentemente italiane: da Bramante, sala 1, a Veronese con le sue magnifiche pitture, Tintoretto, Lotto. Tutto italiano, salvo una sala che è frutto di uno scambio con il Louvre, che ci espone un Van Dyck, un Rembrandt, un Rubens e un Van Goyen. Non male! Insomma mi è piaciuta molto, andateci. Voto 8.

VOLEVO SOLO DORMILE ADDOSSO – M. Lolli

160 pagine sbranate in 3 giorni. Bravissimo questo Lolli. Il libro è abbastanza noto, scritto più di una decina di anni fa, ne hanno tratto anche un film, interpretato da Pasotti.
Considerando il periodo di crisi globale che affrontiamo e il tasso di disoccupazione, direi decisamente attuale.
Ad ottobre ad un giovane manager viene offerta una promozione a dirigente ed un bonus pazzesco se riesce a licenziare 25 dipendenti (ovvero uno su tre rispetto al totale dell’azienda) entro Natale. Il target è 25 o niente promozione, non uno di meno. Nello stesso momento Maria, la sua ragazza lo lascia, senza una spiegazione, o cosi a lui sembra. In un’uscita serala incontra una “jeune fille francaise”, splendida bellezza africana che lo porterà a vivere esperienze assurde.
Durissimo, cattivissimo. La stimo molto. Frase simbolo del libro. E il titolo, sarà comprensibile solo alle ultime pagine, non vi svelo niente. Una fine degna del pagine che precedono, al cardiopalma, si dice cosi?
Belle anche le meditazioni sull’amore che scappano fuori dalle conversazioni tra i protagonisti, sembrano cadute li per caso, ma non lo sono affatto: amare, ciniche, reali, dolorose. Voto 9. Ti tiene incollato fino a che non hai finito.

lunedì 9 novembre 2009

Gaffes

Diciamo la verità, tutti noi siamo vittime delle gaffes, vero? VERO? Ditemi di si vi prego! Quindi vorrei citarne qualcuna mia e non!
Episodio 1.
Dunque, l’altro giorno torno a Milano e per caso incontro sulle scale un mio vicino di casa che oserei definire saggio, perchè nelle assemble condominiali di norma non picchia nessuno, non gli viene un principio di infarto e, non ridete perchè abbiamo un caso documentato nel palazzo di morto per grondaia e non perchè gli sia caduta in testa, ma perchè durante la discussione con l’arpia del quinto piano gli è preso un coccolone, e non si esibisce in uno scontro di kick boxing con il mastino del piano terra per il colore della Viola del Pensiero Cornuta da posare davanti al bidone della plastica. Insomma il mitico signor Brambilla, si è conquistato tutta la mia stima durante le mie passate partecipazioni in assemblea, quindi durante la permanenza parigina, l’ho delegato in un impeto di responsabilità sociale nei confronti dello zoccolino delle scale o del colore della canna fumaria tra la variante grigio topo Ratatouille, grigio muffa del Camembert o grigio nebbia di Milano, direi un po’ scontato quest’ultimo pero’. E come lo delego? Gli lascio una lettera anonima nella buca delle lettere perché non so neppure a che piano abita. Si, pero’ non potete credere a tutte le cazzate che scrivo, certo che la lettera non è anonima, volevo solo dire che non so se sa chi sono! Comunque gli delego i miei tre virgola cinque millesimi di casa e mi sento socialmente a posto. Dunque, l’ho presa un po’ alla larga, ma anche per calarvi nel contesto assembleare. Insomma lo incontro sulle scale e gentilissimo, non solo riconosce in me la Jacopo Ortis della Brianza, ma mi chiede quando torno a vivere nel palazzo. Ed io, tranquilla come mia nonna durante la siesta del pomeriggio davanti alla tv con la bolla al naso, gli rispondo: “Spero presto, perché J’en ai marre des francais, ne ho piene le scatole dei francesi”. Ora che risposta vi attendete da uno che si chiama Brambilla? Specifico che è Brambilla senza alcun accento: solidarietà e partecipazione. Errato! Risposta: “Ma lo sa che io sono di origini francesi?”. No, ora ditemi voi. Ma come diavolo è possibile che con quel cognome li tu sia un gallo? Ma porca di quella miseria fetente, cow killer (vacca boia), satanasso (Tex), ma stare zitta io mai? Insomma lo guardo con un sorriso di plastica, una paralisi delle guance mal riuscita che mi da la spontaneità di un gatto caduto nel cemento. E abbozzo un: “No, beh, ecco, non dico tutti, no guardi, cioè si figuri che ho anche due carissime amiche francesi, nel senso che ecco anche un collega, che è turco, ma sembra proprio francese e poi sa, anche la mia panettiera, la boulangère, quando non ringhia e non mi lancia le baguette mi sembra molto gentile..”. Insomma, come sempre il tentativo di rammendo peggiora dannatamente le cose. Lui mi guarda compiaciuto pensando che qualunque cosa chiedero’ ai condomini in futuro mi verrà negata perchè è stato promosso consigliere e con un sogghigno satanico se ne va ed io risalgo nei miei appartementi e comincio a chiamare Gabetti e Tecnocasa.
Episodio 2.
Amici a cena da me. Una coppia ed un amico. Si discorre amabilmente di un milione di cose. Si mangia, si beve, si ridacchia e ci si prende un po’ in giro. Ad un certo punto Piero, marito di Luisa, entrambi presenti all’infausto evento, si mette a commentare la camicia di Gino (no, non è un nome vero, è chiaramente un nome fittizio, vi pare che tra tutte le disgrazie che mi capitano devo pure avere un amico di nome Gino? Datemi un minimo di credibilità per cortesia), il terzo invitato, a righe verticali bianche e blu, LA CAMICIA NON L'INVITATO A RIGHE! Dimensione medio piccola. Ed in questi momenti, io mi domando, con il ritardo medio del treno dei pendolari, perchè invece di fare sempre la spiritosa, per supportare il gioco, non mi metto un lucchetto alla lingua, non mi piazzo un blocco di marmo in bocca, o non mi faccio andare di traverso la saliva procurandomi un principio di soffocamento da fesseria. Quindi esordisco con un “Vero, vero! Assurda questa camicia un po’ tecnicolor! Fa un un po’ Francia!”.
Silenzio in sala. Tutti mi guardano, la temperatura del locale scende di 10° C e Piero mi dice: “Gliel’abbiamo regalata noi”. Sdeng, scende la ghigliottina, si abbatte la mannaia, esplode un candelotto di dinamite sulla mia lingua.
Mi sgretolo sulla sedia come Willy il Coyote. Vorrei nebulizzarmi, diventare improvvisamente spirito senza corpo e ascendere ai cieli, come in Gost vedere gli altri ma non essere vista, un ologramma. E sto zitta? Ovviamente no? Dopo aver versato una secchiata d’acqua sulle mie guance in fiamme che Heidi sembra pallida a confronto, ammicco. MA COSA VUOI AMMICCARE??? STAI ZITTA E COMINCIA A RIEMPIRE LA FOSSA CHE TI SEI SCAVATA DOPO ESSERTICI BUTTATA DENTRO. Ci fosse almeno il teletrasporto, ma non c’è mai quando serve. Insomma, faccio finta: “Ma dai scherzavo! E’ bellissima”. Si sente il gracidio delle unghie sul vetro. Lo scivolone sulla lastra di ghiaccio. Va bene, è ufficiale ora taccio. Vado a prendere le lasagne e mi tatuo il manico su una mano per punirmi con dolore e flagellazione. Gli amici riprendono la conversazione parlando del trans di Marrazzo. Per fortuna sono amici, domani comprero’ una pagina del Corriere della sera per scusarmi.
Episodio 3.
Stavolta non sono io, non posso mica fare tutto da sola sapete? Chiara. Il corpo di Alessandra Ferri, con quaranta centimetri più in altezza pero’. Parla dodici lingue tra cui il francese come se sua mamma si chiamasse Royale e suo papà Chirac. Ha studiato anche alla Sorbona, chicchissima nell’animo, ha uno spirito artistico e come tutti gli artisti in alcuni momenti vive nel suo pianetino.
Entra da Hermès, per cercare un maglione per il marito, si avvicina ad un ragazzo e gli chiede “Ci sono tutte le taglie di questo maglione?” il ragazzo, che evidentemente non è un commesso le risponde in inglese “Sorry I don’t speak Italian” e lei, gentilissima: “Have you got all the sizes of this pull?”. Grandioso, lui la guarda e si rassegnato si mette a sfogliare i maglioni alla ricerca di una L.

mercoledì 4 novembre 2009

IL PIACERE – G. D’Annunzio

Sapete che ogni tanto leggo i classici, per ricordarmi come scrivono quelli che scrivono bene per davvero e per ricordarmi perchè si chiamano classici. Bene, comincio questo libro del D’Annunzio qualche settimana fa e che giace nella mia libreria da anni ormai. Certi libri stanno li per un bel po’ di tempo e poi un giorno, come per magia, il tuo occhio invece di scappare via si sofferma, il tuo dito sfiora il dorso e lo estrae dalla mensola. Ecco, potevo lasciarlo li! Devo dire la verità, durante le prime cinquanta pagine grande entusiasmo dovuto al modo ricercato e intenso di scrivere. Il bello dei classici è che sono profondi, che esplorano l’animo, dettagliano le sensazioni ad un punto tale che senti quelli che leggi. Pero’, secondo me, qui ad un certo punto si esagera nella ricerca del dettaglio. A pagina 250 mi volevo sparare... milioni di parole per non dire niente, per fare sfoggio di cultura, mi viene in mente la parola Manierismo, pensate se dovesse mai leggermi un esperto... quante botte mi darebbe. Il libro mi riconquista un po’ nelle ultime 60 pagine, quando lo Sperelli, un tombeur de femmes, un libertino che si innamora per davvero di due sole donne Elena e Maria, ma nonostante questo riesce a portarsene a letto un centinaio prima, durante e dopo, tocca il minimo storico della bassezza di comportamenti, della viltà e del disonore: seduce Maria, ma incontrando di nuovo Elena prova a risedurre ancora quest’ultima facendo leva sulla gelosia di entrambe e rimane vittima del suo stesso atteggiamento privo di qualunque scrupolo. Il libro è la testimonianza di una decadenza dei costumi decisamente evidente che si maschera dietro alla cultura, all’arte e alla forma, ma che sostanzialemente non è cosi diversa da quello che si vive oggi. Riconosco al libro classico, e anche a questo nonostante non mi sia piaciuto, la grande dote della contemporaneità. Un vero classico tratta temi che riescono ad essere adeguati ad ogni epoca. Voto 5/6. Anche se non nascondo un certo senso di colpa a non dare la sufficienza ad un classico... ma nella realtà non è tra quelli che vi consiglio di leggere!

martedì 3 novembre 2009

DA REMBRANDT A VERMEER, L’ETA’ D’ORO DELLA PITTURA OLANDANESE – PINACOTECA DI PARIGI

Se una mostra si chiama da Rembrandt a Vermeer ti aspetti di vedere quadri dei due autori o pecco di ingenuità? Truffatori infami: 1 Vermeer e 4 Rembrandt. Roberta ed io siamo veramente deluse da questa mostra perchè in effetti in tutte le sale tranne nell’ultima sono esposti quadri dell’età d’oro olandese, non c’è dubbio, ma di illustri sconosciuti. Sconosciuti a noi direte voi... beh, in effetti, ma credo anche al 90% dei partecipanti e tra l’altro non cosi interessanti: Maes, Pieter de Hooch, Hals, Van Ruysdael.... notissimi vero? Pazienza, non ve la consiglio, non l’ho trovata neanche mediocre. Anche Roberta mi valida un 5, al massimo 5 e mezzo. O si è dei veri intenditori o non si apprezza. Aggiungo che comunque è poco corretto usare un manifesto che riproduce il quadro del Vermeer come richiamo, quando quello è l’unico presente nell’esposizione. Poco onesto, specchietto per allodole. Non si fa cosi.

TIZIANO, TINTORETTO E VERONESE, RIVALITA’ A VENEZIA – MUSEE DU LOUVRE

Bisogna ammettere che il problema di Parigi non è trovare una mostra da vedere, ma come fare a vedere tutte quelle che ci sono! Insomma, colte da momento di italianità spinta, decidiamo di affrontare la pittura classica del nostro paese, sempre molto presente nella ville lumière. Noi, vuol dire Gabriella, Francesca ed Emanuela, con i due cuccioli Emma e John, due bambini prodigio che all’eta media di 7 anni parlano 3 lingue e mi fanno sentire la Zia Pina. L’italianità arriva al punto che mi presento al Louvre con due pezzi di reggiano nella borsa accompagnati da una crescenza fresca fresca da importazione da consegnare a Franci. Siamo veramente donne di gran classe, cosi classe che il guardaroba si rifiuta di conservarli! Non sono autorizzati, quindi ci tocca il giro con il fromage nella borsa. Unico lato negativo del giro è che non c’è un percorso per i bambini, peccato.
Che dire? Capolavoro, onestamente non saprei scegliere tra Renoir e questa. Entrambre spettacolari, restiamo dentro un’ora e mezza, l’audioguida ci commenta le sale che sono organizzate per tematiche ed in ognuna troviamo lo stesso soggetto dipinto dai tre in modo totalmente diverso, ma straordinario. Chiaramente pittura classicissima, parliamo del 1500, perfezione delle forme, realismo nei colori, emozioni nei volti, messaggi di classe rivolti al pubblico. I più grandi pittori contemporanei trassero ispirazione da queste pitture che arrivano da tutto il mondo (Madrid, San Pietroburgo, Museo di Capo di Monte a Napoli...). Sono considerati i maestri e non v’è dubbio che lo siano. Eppure ognuno di loro ha il suo modo di interpretare un soggetto, una donna, un personaggio mitologico, una scena religiosa. San Gerolamo, quattro pitture, una anche del Bassano. Quattro sensazioni diverse, quattro messaggi, quattro interpretazioni: impressionanti, ma soprattutto quattro meraviglie. E cosi per ogni sala: Tarquinio e Lucrezia, Danaé, Susanna e i Vecchi... Imperdibile.
E poi alcuni aneddoti. Veronese, I Pellegrini di Emmaus, quadro sublime, fu perseguitato dall’Inquisizione perchè nelle sue opere a tema religioso, inseriva personaggi pagani... meno male che non hanno dato fuoco alle tele, possono sempre ripensarci. E ancora. La Scuola grande di San Rocco indice un concorso per decorare il soffitto della Sala Dell’Albergo, Tintoretto stufo di arrivare secondo dopo il Veronese, invece di proporre uno schizzo come al solito, si reca di nascosto nella sala e comincia a pitturare durante la notte. Il mattino seguente quando la commissione si riunisce per giudicare, il soffitto è affrescato. Dichiara che se la scuola non vorrà pagare lui lascerà comunque l’opera come regalo. Scoppia lo scandalo, il concorso viene annullato, ma lui incaricato di finire la Scuola, attività che lo impegnerà per molti anni e sarà il suo capolavoro personale. Voto 10.