venerdì 29 maggio 2009

Six&the city rimangono in quattro e sbarcano in Normandia

Una delle conseguenze dell’annullata vacanza in Guadalupa é un biglietto di andata e ritorno per Parigi, da dove era prevista la partenza caraibica, tecnicamente inutile a quel punto. Le girls pero’ efficienti e pratiche come l’ufficio viaggi di una banca svizzera, procedono alla modifica delle date dei loro biglietti e sono pronte per affrontare un lungo fine settimana presso i cugini d’oltralpe alla ricerca dell’avventura e alla scoperta di nuove e fantastiche mete culturali e alimentari (e ti pareva che non si parlasse anche di cibo).
Dopo una veloce lettura alle guide e una proposta su file excel con allegata una presentazione power point completa di video stile Licia Colo’, decidiamo di avventurarci alla volta della Normandia: Mont Saint Michel, Saint Malo’ e Rouen le linee guida del percorso.
La pianificazione parte un mesetto prima all’incirca ed in quel momento scopriamo che i francesi sono molto più pianificatori di quattro donne che lavorano nel finance, soprattutto quando si tratta dei loro fine settimana lunghi e quello che abbiamo scelto noi dura quattro giorni ergo Mission impossible.
Niente da recriminare se non fosse che al dodicesimo hotel che ci dichiara il tutto esaurito cominciamo a chiederci se non abbia ragione Berlusconi e la crisi non sia per caso già terminata oppure se tutti i popoli del mondo si stanno radunando in Normandia e noi siamo le uniche non invitate ufficialmente. La località scelta per dormire é il Mont Saint Michel che effettivamente é una delle mete preferite da circa una milionata di turisti.
Arriviamo noi belle belle e pretendiamo pure di dormire con l’onda che ci lambisce i piedi? Decidiamo cosi di andare un pochino più fuori, in un posto un po’ meno turistico anche perché alternative non ce ne sono! E cosa ti trova la Trincherini? Ma niente di meno che uno Chateau! Certo un castello vero, con due sole stanze a disposizione per gli ospiti in cui vive anche il proprietario con la sua famiglia. Siccome il mio francese é come quello di lady Oscar, capisco che fa il ristoratore e che nei dintorni ci sono un sacco di ottimi ristoranti quindi confermo senza esitazione. Mi sorge ora il dubbio che invece del mio pessimo francese sia la mia leggendaria passione per il cibo a farmi malintendere le cose. Il signore infatti é RESTAURATORE, non ristoratore ed io vengo comunque rimandata in settembre agli orali con voto 4 in pagella e nota di demerito a casa ai genitori da riportare firmata più menzione: somara galattica.
Insomma, le ragazze arrivano il giovedi all’aeroporto di Orly e sono fuori ad aspettarle, perché mi hanno appena detto che sono atterrate e devono solo recuperare il bagaglio, quando Claudia mi informa che non possono uscire perché c’é una valigia sospetta e devono farla brillare prima di far passare le persone. Ma nooooo! Già me le vedo, colpite dal calzino puzzolente di un manager sbadato, oppure ferite a morte dal ferro arriccia capelli di una fotomodella che é andata in bagno a stringere la cintura dei pantaloni perché la taglia 38 le sta larga poverina. Insomma alla fine niente di tutto cio’ accade e finalmente me le mandano fuori belle come il sole!
Il mattino successivo ore 8 dopo una parca colazione a base di mignotterie, the, caffé, pane e marmellata, succo di frutta, nutella, biscotti al cioccolato, madeleine, financiere all’arancio, yogurt, budino al caramello e frollini al burro, in totale leggerezza partiamo, pronte a percorrere i nostri quattrocento chilometri. Senza apparenti difficoltà arriviamo al maniero, fatto salvo un piccolo dettaglio: a pochi chilomentri dalla destinazione in piena autostrada, che il navigatore non riconosce completamente, esso medesimo ci comunica: “Meta raggiunta”. No, ma scusa, brutto imbecille, meta raggiunta tua nonna la tivu via cavo, che siamo in una piazzola di emergenza, continua cosi che ti smonto tutti i bulloni, ti strappo un fusibile e ti starnutisco sul video.
Approccio sistemi informativi spengo e riaccendo la macchina. E il navigatore mi parla di nuovo: “Inserire il CD di navigazione per sapere dove andare senza distrarvi dalla guida”. No, dico, mi pigli in giro? Guarda che io lo so dove devo andare, sei tu ferraglia a cristalli liquidi che non lo sai. Insomma, abbiamo capito che non ha intenzione di cedere e fa il polemico, quindi ci affidiamo alla banalissima cartina cartacea che nel giro di cinque minuti ci conduce al castello.
Per arrivare percorriamo uno sterrato abbastanza lungo che termina davanti ad un cancello immerso nel nulla. Le girls cominciano a preoccuparsi. In effetti un cancello da solo in mezzo ad un campo di grano sotto due piante, non é che sia del tutto rassicurante ed il quadro agghiacciante si conclude degnamente quando arriviamo al maniero: il proprietario ristoratore restaurante ci attende brandendo una roncola.
Oh mamma mia, quanto ci metteranno le nostre mamme a dare l’allarme? Speriamo almeno che sia Warrick a venire a fare i rilevamenti sui nostri resti, cercando impronte digitali. Ovviamente vi sembra che in Francia si possano chiamare CSI come in tutto il resto del mondo? Ma certo che no, qui sono Les Experts, fa niente basta che venga qualcuno ad portar via i nostri corpi fatti a pezzi dal serial killer a roncolate, c’é anche un cane, Milù, che se ne andrà a spasso con in bocca il femore di Alessandra e il metacarpo di Claudia.
La casa all’interno, se evitiamo di prestare troppa attenzione al cumulo di cimeli ammonticchiato ovunque, é affascinante, sa di storia e di passione ed infatti il nostro signor Ives (cosi si chiama il maniaco omicida, nel caso ci accadesse qualcosa fra qualche anno vedete di ricordarvelo che é questo genere di indizi che permette alla polizia di risolvere il caso) comincia a raccontarci l’origini dei pezzi sparsi ovunque e scopriamo che l’indomani mattina faremo colazione sedute su quattro poltrone Luigi XV, sul serio non tanto per dire! Soprattutto nella sala che appartenne ad una coppia di famosi armatori di Saint Malo’, che avevano aiutato l’altrettanto famoso pirata Cartier ad allestire il suo veliero.
Ora, una paio di domande: ma parliamo di Cartier quello delle penne e degli orologi? Perché in effetti il prezzo che paghiamo per quegli articoli é un furto pero’ ora proprio dargli del pirata mi pare sia a rischio di querela no? Seconda cosa: la vuoi posare quella roncola accidenti che Mirella ha estratto il phon dalla valigia ed é pronta a sparare bigodini al minimo accenno di pericolo? In tutto cio’ Ives Il Magnifico continua a raccontarmi aneddoti storici e particolari tecnici del castello che io mi affretto a tradurre fino a quando mi dice che ha appena finito di distruggere una quantità infinita di nidi di ragno, perché ce n’erano veramente tantissimi e non fa in tempo a toglierne uno che se ne formano cinque. No ora, in tutta onestà, conoscendo il terrore per il mondo entomologico delle girls, vi pare che possa anche solo minimante accennare a questo argomento? Le guardo cercando di capire se hanno captato la parola ARAIGNES ma mi sembrano ignare, quindi con indifferenza butto li una cazzata qualunque sulla pittura di una che sembra mia zia Pina appesa alla parete di fronte e tutto procede in assoluta tranquillità.
A questo punto via, verso Saint Malo’. Ives ci suggerisce di vedere all’incirca tre musei e noi, note donne di cultura e spettacolo, scegliamo il Museo della Cozza alla marinara e dell’Omlette Jambon Fromage Oef che non sarà tanto culturale ma con un buon bicchiere di vino bianco é la morte sua. La cittadina é veramente bella. C’é pero’ una cosa che ci inquieta un pochino, tutti i posti hanno lo stesso nome: Chateaubriand, una via, un palazzo, una pizzeria, una creperie, ma vuoi vedere che siamo già morte e siamo in una città fantasma? Ora appare la strega di Biancaneve, anche se noi speriamo di incontrare francamente Jack Sparrow che ci rapisce e ci scarrozza in giro con il suo veliero fantasma. Bene, ora pero’ torniamo con i piedi per terra e continuiamo il nostro giro discovery channel. Saint Servan, Cancale, Vivier sur Mere e poi di nuovo al castello, che é immerso nel buio più completo, fra campi sterminati e ci sembra di essere sul set di The Blair Witch Project, dove le streghe siamo noi, ma fortunamente Ives ci ha lasciato le luci delle scale accese e quindi veloci come Bip Bip ci rintaniamo in stanza e dopo aver messo una sedia davanti alla porta che ovviamente non si chiude, fatto il saluto militare al busto di Napoleone che dorme sul trumo’, detto una preghiera sugli inginocchiatoi davanti al camino e rischiato l’osso del collo scivolando con le calzine di cotone antistupro sul pavimento in legno appena cerato, ci infiliamo a letto battendo i denti dalla paura Claudia e dal freddo io. Ovviamente se qualcuno oserà svelare che ho dormito con i calzini saro’ costretta ad ucciderlo per farlo tacere per sempre, oppure gli versero’ 600 mila euro e dichiarero’ che si tratta di una parcella, ops.
Il sabato trascorre al Mont Saint Michel purtroppo sotto la pioggia e con la temperatura media di Stoccolma a novembre, l’unica nota positiva é che non ho trovato delle fettone Wasa giganti da acquistare. Il posto é veramente magnifico, l’abbazia spettacolare e vedere l’immensa distesa di sabbia intorno al fortino che si estende per chilometri é davvero emozionante infatti non a caso é uno dei patrimoni dell’Unesco, del tutto meritato. Sulla via del ritorno, prima di andare a cenare a Dinan, ci fermiamo alla Biscotterie del Mont Saint Michel, Rue de Chateaubriand pure qui e ripartiamo dopo un’ora con la macchina inclinata a causa del carico di frollini, di fleur de sel, di marmellata caramel beurre salé che invade il baule. Per il cibo abbiamo davvero un sesto senso, dovrei scrivere una guida sui ristoranti, invece di tenere un blog di cazzate.
La serata si conclude come dicevo a Dinan al ristorante La mere pourcel, che per educazione non tradurro’, di fianco alla piazza Chateaubriand, dove provo le mie prime ostriche nel tentativo di superare l’istintivo senso di disgusto che mi si palesa quando guardo quell’alimento viscido e bavoso. La prima é orrenda, mi pare di bere un bicchiere di Mar Morto, la seconda lascia intravvedere uno spiraglio di gusto velocemente spento dal sale, la terza invece ha un sapore delicatissimo e delizioso. Ma sono finite e mi rendo contro che lo studio non é ancora terminato, il giorno successivo dovro’ riprovare, approccio scientifico. Test di verifica, il risultato non é stato univoco.
Terzo ed ultimo giorno salutiamo Ives, che stranamente non ci ha ucciso, facciamo un servizio fotografico con lui come protagonista stile “Il mio nome é Bond, James Bond, con le bond girls”, le solite quattro copie, firmiamo il suo libro degli ospiti come delle star, ascoltiamo le ultime indicazioni culturali che stranamente seguiremo e ci avventuriamo alla volta di Bayeux, prima città liberata dagli americani, dove é corservata la Tapisserie, una meravigliosa tela di lino lunga 70 metri e sulla quale é ricamata la storia di Guglielmo detto il Bastardo, ma no, non perché aveva tradito la moglie, cioé, di sicuro anche lei, pero’ prima aveva tradito il regno, si insomma ve lo racconto un’altra volta, questa é un’altra storia che si svolge a Chateaubriand.... Dopo la visita Mirella ha cominciato a ricamare sulla tovaglia della sua cucina la storia del fidanzato PierCarmelo che lei ha abbandonato in un autogrill a Varallo Pombia, vicino allo zoo e sull’accappatoio le vicende della sua piastra liscia capelli: dall’incontro all’Unieuro, alla festa per il loro quinto anniversario, ora é alla cena per l’addio al celibato del bigodone da frangia, che ha deciso di sposarsi con una molletta dopo solo quattro mesi di frequentazione, ma pare che lei sia incinta, non so se questo dettaglio verrà reso pubblico pero’.
A questo punto Arromanches Les Bains, una delle spiagge dello sbarco, dove ancora sono visibili i resti del ponte artificiale costruito dagli inglesi e per finire, Rouen, dove c’é la famosa cattedrale dipinta da Monet in tutte le salse (vedete che non lo faccio apposta a fare riferimento al cibo? Mi viene cosi, dal cuore, anzi dallo stomaco) dal momento che rientrare a Parigi é impossibile e che ce ne rendiamo conto solo dopo una cinquantina di chilometri di rallentamenti e coda!
A mezzanotte come delle Cenerentole un po’ stagionate siamo a casa lavate, pulite e stirate, pronte per andare a letto. Ancora un’oretta di pettegolezzi, chiacchere, risate e poi tutte a nanna. Ma prima prenoto il taxi per l’indomani, codice di prenotazione: Chateaubriand 31. Nooooooooooooooooooo!

domenica 17 maggio 2009

Acquisti di impulso in vacanza

Splendido, meraviglioso, fantastico oppure buonissimo, saporito con nessuna altra cosa al mondo... Ma perché diavolo l’ho comprato? Scusate non vi é mai capitato durante le vacanze di acquistare delle cose che sul momento vi sembrano decisamente indispensabili o saporitissime e nell’esatto istante in cui rimettete il piede in casa vi rendete conto di avere il perfetto articolo della fiera del kitch o un alimento inquietante da utilizzare in caso di torture cibo oriented? Vi propongo qui di seguito alcuni esempi illuminanti nella speranza che possano essere di aiuto per evitare di ripetere fatali errori, ops orrori.

La confezione gigante di fettone Wasa. Come potete osservare dalla foto, la confezione appena citata, acquistata durante un delizioso viaggio a Stoccolma, misura all’incirca quaranta centimetri di diametro e contiene dieci fettone. Bene. Bene un corno, é interminabile. Di fronte ad una distesa di almeno una ventina di confezioni simili, marche diverse e gusti diversi, Daniela ed io, note talpe da supermercati esteri, alla ricerca di scoperte alimentari eclatanti, con l’entusiamo degli esploratori del manuale delle giovani marmotte (é soprattutto la parola giovani che ci descrive a pennello) rimaniamo in adorazione estatica per circa dieci minuti. L’impulso é di acquistarle tutte, ma la razio ha la meglio e decidiamo intanto di fotografarle e fotografarci per testimoniare questa mitologica scoperta (e poi osiamo criticare i giapponesi davanti alle vetrine, che fellone). La razio ci ricorda anche che viaggiamo con bagaglio a mano, che l’oggetto in questione é decisamente fragile e che pesa all’incirca mezzo chilo. La razio ci impone anche di non acquistarne più di una a testa e quindi cerchiamo di scegliere la migliore. Un dettaglio: le etichettte sono scritte in svedese quindi stiamo acquistando una cosa che potrebbe essere tranquillamente gusto pera, oppure aroma formaggio e consommé di gnu con scaglie di cioccolato, nonché arrosto di alce aromatizzato salmone con vellutata di fegato di renna di Babbo Natale, gusto stagionale visto che siamo al 13 di Dicembre. Insomma, sempre la razio ci da il criterio di scelta: chiudiamo gli occhi e puntiamo il dito su un punto a caso dello scaffale. Scelta: confezione rossa, sono ispiratissima. Arrivo a casa e apro il pacchetto: si tratta di Wasa integrali, colore marrone scuro con macchie nere, sembra la sabbia di Maratea, consistenza ecologica, mi spiego sembra di mangiare il cartone quello con l’ondulato in mezzo, durata: infinita. Una rondellona dura almeno dodici pasti, perché é talmente asciutta e poco appetibile che ne mangi un frammento alla volta. Ne ho ancora tre e mezza, credo che cerchero’ di non sprecarle perché vorrei fare in tempo ad arrivare al prossimo Natale per riacquistarle, non vorrei restare senza....anzi venite a trovarmi che ve le faccio assaggiare, ma solo un pezzettino. Una buona idea potrebbe essere mangiarle con le due marmellate che ho comprato nello stesso momento e che sono ancora depositate nella prima antina della mia cucina: quella di ribes rossi, ovvero Lagkalori, che non ho ancora capito se é salata o dolce, si tratta di quella che ben conoscete come regolare accompagnamento delle polpette dell’Ikea e quella Hjortron Sylt, Brunneby Muster, che raffigura delle more bianche (esisteranno davvero?), che credo sia venduta solo a Stoccolma e sto cercando di utilizzare nella preparazione di una bomba, se sapeste aiutarmi a distinguere la marca dal gusto, sarebbe già un passo avanti. L’altro meraviglioso ingrediente acquistato ad un mercatino é la salsiccia di renna. Vivo sotto scorta perché sono ricercata da un commando di Greenpeace che cerca di farmi pagare la morte di Ratatouille e l’estinzione della natica di renna.

Il berretto di montone. Siamo carine vero? Si un gruppo di gine carine e le altre tre spero mi perdoneranno, perché invece di essercene una che con la sua saggezza frena l’entusiasmo del gruppo vacanze alta Badia, il gineceo (ecco perché gine) si fomenta reciprocamente e riesce a cancellare l’ultimo dubbio dell’ultima disperata compagna ancora impegnata nell’atto di resistenza all’acquisto. Quattro donne e quattro berretti, ma quattro sono anche i gradi sotto zero che stiamo affrontando in questa meravigliosa città quindi possiamo confermare che l’acquisto é stato generato da un effettivo bisogno del consumatore di non rimanare congelato come un findus sotto il palo della luce in attesa dello scatto della foto di gruppo (la solita in quattro copie). Ci abbiamo messo anche quattro bicchieri di Glogg e quattro biscotti alla cannella. Ma quattro a testa o quattro in tutto? Siccome mia mamma legge questi pezzi mi avvarro’ della facoltà di non rispondere.
Vorrei sottoporre ora una domanda alle compagne di viaggio. Quante altre volte avete indossato questo fantastico compricapo dopo essere rientrate? Se almeno una di voi lo ha messo almeno una volta le pago una pizza con salsiccia di renna. Il mio é indossato dall’appendiabiti dell’ingresso. Penso sia per quello che non sono più venuti i ladri nell’appartamento: sono convinti che ci sia una guardia russa che sorveglia la porta, la guardia é leggermente effemminata perché sotto al colbacco indossa un mio cappotto sciancrato.

Il bicchiere Heineken della fabbrica Heineken, il cestino di banano di Cuba, la noce di cocco dipinta delle Maldive, il tris di cormorani pitturati a mano.
Direi che l’elenco da solo fa rabbrividire. Eppure li ho tutti quanti. Ritengo che siano comunque acquisti di una certa utilità, altrimenti come faremmo ad organizzare la serata riciclo dei regali di Natale? In fondo siate onesti, non é che ricicliamo solo i regali di Natale, ricicliamo tutto quello che non vogliamo più vedere nella libreria della sala. Fortunatamente é cosi che sono riuscita a piazzare un cestino di fiori di sapone gusto cocco ananas, un candelabro fatto a forma di gnomo verde, solo che in cambio ho ricevuto un delfino di nuance legno marcio... talvolta qualcuno fa scelte peggiori delle nostre.

Il quadro etnico. Non importa in quale continente siate in vacanza, fosse anche Pieve Vergonte o Borghetto Santo Spirito, di sicuro troverete qualcuno che vi vende un quadro etnico, ma la cosa grave é che voi lo acquisterete per metterlo in una splendida cornice, quella che non ha il cartoncino dietro, quella trasparente: la cornice a giorno. Chiaramente non ne comprate uno solo, ma tre, perché uno a cinque euro, ma tre a dieci, non vorremo mica lasciarci sfuggire l’affare del secolo no? E quindi via con la trilogia. Nel mio appartamento sono appesi nell’ordine:
papiri d’Egitto (e non nel senso dell’insulto), batick del Sudafrica (3 per 5 euro, 3 cornici a giorno per soli 90 euro, l’una, le cose quando si fanno vanno fatte bene, in fondo l’opera deve essere valorizzata), sughero del Messico (avrà l’influenza maiala? Anzi porcina? Nel senso di fungo? Influenza champignons qui in Francia), foglie di banano dipinte di Cuba, cartoline pubblicitarie della ville de Paris. Organizzo delle visite guidate per gli appassionati, siete pregati di prenotare con anticipo, fortunatamente le pareti di casa sono esaurite e su quelle di Parigi non sono autorizzata ad appendere. Sarà a vostra disposizione anche un catalogo della Mostra. Su richiesta si organizzano eventi fashion con servizio fotografico (Compleanno della Nonna Pina agosto 2006, Cresima del cugino Gianmaria Marco Filippo maggio 2009, Gran Prix Dog of the year 2009).

LAURA PAUSINI in concert allo Zenith

Sono sicura che mi prenderete in giro, come molti di voi hanno già fatto su facebook! Ma nonostante tutto continuero’ a sostenere che questo sia stato uno splendido concerto! La nostra amica Laura é bravissima a gestire il pubblico, a infiammare i cuori (che romantica eh?) a far cantare le migliaia di persone riunione sotto il tendone. Chiacchera, si sforza di parlare in francese, in cui canta anche tre canzoni e non lesina energie per coinvolgere la gente. Canzoni dall’ultimo album ma che storici pezzi di cui non vuoi ammetterlo ma conosci tutte le parole. Interpretazioni da Io canto, un pezzo accompagnata dal papà e alla fine del concerto stoppa la musica perché al fidanzato chitarrista é partita una corda e quindi lei spiega con il suo magnifico francese: “Excusez nous parce que il s’est rotte une corde! Ma come si dice rompere?”. Scoppio colossale di risa mentre Carta aggiusta la guitare, il concerto riprende e tutti noi italians emozionati a cantare.... Marco se n’é andato e non ritorna più, il treno delle 7.30 senza lui..... Voto 10! Ps. Presenza italiana al concerto, massimo 10%! Vi giuro!

TESTIMONE INCONSAPEVOLE – G. Carofiglio

Qualcuno nel blog mi aveva scritto che rispetto all’altro libro recensito, ovvero Il passato é una terra straniera, preferiva la trilogia dell’avvocato Guerrieri. Avevo già commentato Ad occhi chiusi ed eccoci qui con un altro libro di questa trilogia, ovvero Testimone Inconsapevole.
Ammetto che immagino abbiano un sequenza precisa che non credo di avere seguito, perché questo libro comincia con il divorzio del nostro avvocato, mentre in quello che ho letto precedentemente ha una relazione con una donna speciale post matrimonio. Poco importa, non cambia l’intensità del contenuto che é legato al caso trattato e solo parzialmente alla vita sentimentale del protagonista. In questo caso il nostro amico difende un ragazzo di colore accusato di aver rapito, violentato e ucciso un ragazzino. Quello che mi colpisce di questo scrittore é il realismo con il quale descrive determinate situazioni. In questo volume per esempio l’avvocato a seguito del fallimento del suo matrimonio, soffre di crisi di panico, di attacchi di ansia e le varie sensazioni sono descritte talmente bene che stai male tu leggendolo e ti sembra impossibile che chi lo ha scritto non lo abbia vissuto. Insomma questo libro voto 9, di sicuro leggero’ anche il terzo (Ragionevoli Dubbi).

MOULIN ROUGE - Spettacolo di Cabaret

Sabato sera colta da un impeto di entusiasmo, ho deciso di andare a vedere lo spettacolo di Cabaret del Moulin Rouge. Insomma tutti vengono a Parigi, lo vedono, se ne vanno estasiati raccontando cose magnifiche ed io che vivo qui da due anni non ci ho mai nemmeno pensato! Quindi detto fatto eccoci a vedere di cosa si tratta. Allora senza alcun dubbio voto 10. E’ uno spettacolo davvero magnifico. Un po’ stile anni ’70, vi ricordate i costumi con piume lustrini e perline? Ecco, corpi armoniosi delle ragazze che producono musica con le loro catenelle luccicanti al muoversi sinuoso a ritmo. Ci saranno state almeno trenta ragazze, perfette, vi giuro non ho mai visto tanta bellezza tutta insieme. Aggiungo che per un fortuito caso del destino ero seduta proprio sotto il palco quindi con un punto di vista decisamente privilegiato e da buona donna osservavo anche altre cose fondamentali per la buona riuscita del numero, ecco appunto, vi posso assicurare che sopra al palco non era presente neanche un atomo di cellulite e ho guardato proprio bene e tantomeno un seno di silicone! Bellezze naturali. Dunque numeri di ballo, una splendida venere che si immerge in una piscina sorta dal nulla in cui sguazzano felici una decina di serpenti che lei si attorciglia sorridente intorno al corpo, un ventriloquo bravissimo, due acrobati ed un giocoliere completano il programma. Non é mancato chiaramente il gran finale con il numero del Can Can, originale balletto nato proprio dal Moulin Rouge nel 1889, interpretato dalle patriottiche bellezze abbigliate (in effetti forse abbigliate non é la parola più adeguata!) in rosso, bianco e blu. Il tutto per quasi due ore. W la France!

RITI DI MORTE – A. G. Bartlett di Simonetta Pastorini

Lo ammetto mi piace leggere ma non mi vergogno di dire che amo i libri che scorrono leggeri, che ti fanno piacevolmente passare alcune ore del tuo tempo libero senza avere pretese di cambiare il mondo .
Ero quindi alla disperata ricerca di qualcosa da leggere senza doverlo abbandonare sul comodino dopo una ventina di pagine perchè assolutamente incompatibile con il mio umore quando mi capita tra le mani, nella solita libreria Feltrinelli , uno dei libri più venduti del momento “ Il silenzio dei chiostri ” ultima fatica di una scrittrice spagnola a me assolutamente sconosciuta Alicia Gimenez -Bartlett. Dalla terza di copertina capisco trattarsi di un giallo avente come protagonista l'ispettrice Petra Delicado ed il suo vice Fermin Garzon ma per capire meglio la vicenda decido di acquistare il primo libro della serie “ Riti di morte “ così per fare conoscenza con i 2 protagonisti.
Primo elemento a favore della lettura la casa editrice, la Sellerio ,quella di Camilleri e di Carofiglio per intenderci, e poi la storia che tanto mi ricorda il caro commissario Montalbano ed in effetti le mie aspettative non vengono deluse. Il giallo parte da una storia di stupri seriali nelle cui vicende vengono appunto coinvolti i due protagonisti ma quello che più colpisce è appunto la descrizione dei due . Petra Delicado è una donna normale e di questi tempi direi che è già molto, non vi è alcuna accurata descrizione fisica ma si suppone che sia la classica donna che lavora, che magari al mattino non ha proprio sempre il tempo di truccarsi alla perfezione, che ama vestire senza troppe frivolezze, che non ha il pollice verde, che dimentica di fare la spesa accontentandosi da cenare con tè e biscotti ma soprattutto è una donna che ha avuto il coraggio di cambiare. Avvocato prima, benestante e sposata con Hugo( terribilmente antipatico) decide di mollare tutto ( marito compreso) per entrare nella polizia dove si ritrova, in quanto donna, a svolgere mansioni di archivista. Ed è una donna che sbaglia ed ammette i propri errori come quando in seconde nozze sposa Pepe più giovane ed assolutamente naif.
Insomma una donna alla ricerca di sé stessa che si troverà incaricata delle indagini per puro caso e verrà affiancata da Fermin Garzon il suo vice così diverso da lei per cultura, vicende familiari e visione del mondo ma proprio per questo capace di esserle d'aiuto sul lavoro e non solo tanto da far nascere una splendida quanto inaspettata amicizia. Il libro è bello soprattutto per i suoi protagonisti , la città Barcellona e la vicenda poliziesca sono in realtà lo sfondo per conoscere i 2 personaggi. Insomma visto che la serie dedicata all'ispettrice Petra Delicado è piuttosto ricca penso che avrò da leggere la prossima estate e se volete un consiglio fatelo anche voi. Voto : 9.

sabato 9 maggio 2009

Parole, parole, parole

Questo é un vecchio pezzo, che alcuni di voi già conoscono. Riesumato, riadattato, ma il contenuto ed il messaggio non cambiano!

Sapete, vorrei provare a spiegare come nasce.
C’è un momento della mia giornata, un attimo di calma nella testa, in cui si materializza un pensiero particolare. Nasce come una goccia di pioggia, sembra insignificante, ma poi un’altra, un’altra ancora, il pensiero non è ben definito ma ha un’anima che prende forma, che si ingrandisce. Ad un certo punto piove forte, l’acqua scorre disordinata ma la devi convogliare, deve prendere una sola direzione.
Sento il bisogno di scrivere, di vedere nero su bianco quello che ho in testa e le ragioni sono molteplici.
Scrivere mi permette di esorcizzare un problema, trasferirlo sulla carta lo allontana da me, me lo fa guardare da fuori, da lontano, con maggior lucidità, con un certo distacco. Scrivere mi permette di serbare un ricordo. Scrivere di qualcosa ferma l’evento, lo blocca sul foglio. Lo lasci lì e sai che prima o poi lo ritroverai. Dopo mesi, anni, quel ricordo sarà ancora lì, intatto con la percezione del momento in cui l’hai fermato, l’hai descritto, con lo stesso sorriso, la stessa ironia, la stessa dolce malinconia o con una dolorosa tristezza.
Scrivere ti permette di comunicare con le persone per cui provi dei sentimenti. Nessuno ti interrompe o ti agita, il tuo pensiero è fluido, riesci a concretizzarlo con chiarezza, senza vergogna, senza filtro.
Scrivendo sei senza veli, quasi indifeso, ma in realtà le parole ti regalano una grande forza, la forza della trasparenza, la capacità di trasferire le emozioni, la possibilità di conservare un momento speciale, il grande dono di regalare agli altri delle sensazioni.
Quando scrivi, scrivi per te stesso non scrivi per gli altri. Ne senti la necessità. E’ un bisogno. Una volta la pensavo cosi, qualche anno fa. Oggi, in ragione di quello che é diventata la newsletter non sono più sicura che sia esatto. E’ come se fosse uno scrivere collettivo. E’ una scrittura di intrattenimento, cerchi di raccontare con una risata quello ti capita, perché é cosi che lo vivi, senza troppo tragicizzarlo, perché altrimenti non se ne viene fuori più.
E’ anche un bell’esercizio mentale. Scrivi per condividere un bel libro, per spingere qualcuno a leggerlo, o nel caso di un libro orribile, per evitare che altri ci perdano del tempo, perché il tempo è un bene prezioso.
Questo tipo di scrittura ti permette di far fare al tuo cervello cose diverse. Dopo intere giornate passate sui numeri, ti devi dedicare a qualcosa che di numerico proprio non ha niente. Devi esprimere un giudizio, devi far capire che cosa hai provato in poche righe. Ti metti anche in gioco, perché alla fine oggi sono più di un centinaio le persone che leggono le tue cazzate.
Vale anche qua la stessa regola: tu dovresti scrivere per te stesso e non per gli altri. Certo che il fatto di avere un blog significa condividere, quindi non puo’ voler dire che scrivi solo per te. Il tuo diario é per te. Un post é per il gruppo.
Poi scrivi per il tuo piacere personale, per la gioia che ti procura, per il cuore sulla carta, per il profumo dei fogli, per il ticchettio della tastiera di un pc, per il fascino di una penna stilografica o, come scrive Sandro Veronesi, per la strada che percorre una piccola busta da una città all’altra e che le dona una dignità particolare, quasi storica.
E poi quanti aneddoti deliziosi nella mia vita legati alla scrittura?
Nell’era della tecnologia, qualche anno fa, la mia migliore amica decide di vivere per quattro anni in un’altra nazione e nonostante telefonate quasi quotidiane e mail, in un mio cassetto giace una preziosa scatolina che contiene decine di lettere, piene di affetto, di emozioni, di racconti, di risate e di vita e sono sicura che una scatolina identica sta anche a casa sua.
Un altro ancora? Ho un amico, di vecchia data e un giorno, tanto tempo fa, non mi ricordo da che parte del mondo, o forse da che parte dell’Italia, gli mando una cartolina. Beh, questo gesto diviene un’abitudine, una specie di rito di amicizia. E sai quale è la cosa più sorprendente? Questo amico conserva undici anni di mie cartoline dal mondo.
Penso che scrivere sia una strana forma di esibizionismo. Diversa, di certo non rivoluzionaria, mostri quello che hai dentro invece di mostrare quello che c’è fuori. O semplicemente mostri un lato, il tuo modo di vedere le cose. Il mio é quello ironico, scanzonato, perché sono convinta che non ci si debba prendere troppo sul serio. E a volte a sprazzi, come oggi, mostro il lato meno ironico, perché comunque c’é anche quello.
Ecco come nasce. Nasce cosi.

IL PASSATO E’ UNA TERRA STRANIERA – G. Carofiglio

Gianrico Carofiglio é un genio. Avevo appena letto “Ad occhi chiusi” di cui vi ho parlato qualche settimana fa e siccome mi era piaciuto moltissimo ho deciso di leggere questo di cui si é molto dicusso e dal quale é stato tratto anche un film. Beh, senza dubbio é ancora meglio. E’ la storia di cosidetto bravo ragazzo, di buona famiglia, studente universitario, che incontra un giocatore di poker, baro professionista che lo coinvolge in un mondo e in una vita che cambieranno completamente la sua percezione di valori, di morale e di comportamenti leciti, fino all’evento chiave in base al quale deciderà se stare fuori o dentro. I miei complimenti a Carofiglio perché se non ha vissuto quello che ha scritto, mi chiedo come diavolo abbia fatto ad immaginarselo. Bello sapere che un sostituto procuratore antimafia abbia questa capacità di scrivere e di trasmettere sensazioni. Voto 9, senza alcun dubbio.

L'ANIMA BUONA DEL SEZUAN - Bertolt Brecht (by Carla MayrHofer)

Regia: Elio De Capitani e Ferdinando Bruni
Compagnia/Produzione: Teatro Stabile di Genova
Cast: con Roberto Alinghieri, Alice Arcuri, Marco Avogadro, Fabrizio Careddu, Margherita Di Rauso, Rachele Ghersi, Alberto Giusta, Gianluca Gobbi, Orietta Notari, Nicola Pannelli,Fiorenza Pieri, Ernesto M. Rossi, Vito Saccinto, Federico Vanni scena e costumi Andrea Taddei musiche Paul Dessau suono Renato Rinaldi luci Sandro Sussi


Avrei voluto scrivere qualcosa io per dire quanto questo spettacolo non solo mi sia piaciuto (fatto 100, é 300; per dirla come un amico mio) ma anche mi abbia sconvolto nel profondo e cambiato profondamente (teatro epico?), ma poi ho letto su internet le belle parole di Strehler su quest’opera e … ubi maior minor cessat …
Un abbraccio da Carla


È un Brecht molto umano quello di Sezuan, lineare e severo: la tensione stilistica è assoluta. Non si limita all’enunciazione di fatti e a raccontare una parabola sulla bontà. L’anima buona di Sezuan è una delle opere di Brecht più risolte dal punto di vista estetico, poetico e perfino formale e il pubblico, al Teatro Studio, a diretto contatto con gli attori, con i piedi quasi sul girevole che porta avanti e indietro il destino degli uomini, avrà modo di toccare con mano queste emozioni dello spettacolo.
Stiamo vivendo l’insostenibile contemporaneità di un mondo che mostra sempre di più la sua essenza crudele, un mondo, anzi, dove la faccia della durezza è diventata un valore per dare dignità ai nostri egoismi: per questo, in questa edizione, la protagonista si trova, alla fine, con le mani rivolte verso il pubblico a chiedere aiuto, a domandare se è possibile cambiare il mondo. Soli non si riesce a fare nulla, il destino è nelle mani degli uomini, non fuori dagli uomini, e non solo degli uomini buoni. L’uomo solo diviso tra il bene e il male sarà sempre destinato a vedere le sconcezze della vita come se esistessero solo nel piccolo schermo della televisione.
Hitler o i criminali di guerra che vanno in giro tronfi in “Mercedes” dopo aver massacrato i civili in nome di una folle pulizia etnica, sono mostri? No, erano, sono, uomini mostruosi. I mostri li costruiamo noi. In un mondo che va verso il gelo e la non-comunicazione o la comunicazione distorta, dove i sentimenti sono spariti per fare posto alle emozioni cosiddette forti ed effimere, virtuali, urlate e trasmesse a ritmo di spot pubblicitari, bambini che muoiono di fame e subiscono inenarrabili violenze, Sarajevo, la Cecenia, di nuovo e sempre la pulizia etnica, solo noi possiamo fermare la barbarie, la violenza e l’orrore che ci circondano in un mondo che sempre di più separa invece che unire.
Riproporre oggi l’opera di un autore scritta in un’epoca ormai lontanissima per noi, il 1939, alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, significa riproporre una grande tragedia contemporanea che ci sta addosso, che riguarda tutti. Anche questa volta, riprendendo uno spettacolo che avevo già allestito nel ’58 e poi nell’80, mi sono trovato dinnanzi un testo sconvolgente, di una contemporaneità e una pertinenza rispetto alle cose che abbiamo davanti agli occhi, che mi sembra scritto non oggi ma addirittura domani o dopodomani. L’attualità di Brecht sta nella ricchezza dei suoi contenuti e nella sua grandezza poetica.
In questo testo si discute di cose eterne, della lotta fra il bene e il male: la nostra condanna è di dover essere cattivi per poter fare il bene. La parabola ammonitrice è questa. Brecht si è posto alcune domande fondamentali sul bene e sul male, sull’essere buono e sull’essere cattivo in generale, ma soprattutto su tutti noi che viviamo con queste due anime dentro, quella buona e quella cattiva, quella bianca e quella nera. Sa bene che non basta più essere buoni, che bisogna lottare contro l’ingiustizia, bisogna travestirci anche noi con la maschera della cattiveria per scacciare la cattiveria dal mondo.
Brecht ha lasciato il finale aperto. Per questo è stato criticato, perché non diceva chi era buono e chi era cattivo, non esibiva la bandiera rossa o quella azzurra, suggeriva semplicemente che una soluzione l’uomo doveva trovarla. Questa è la vera lezione brechtiana e mi sento di dire che il lavoro con e su Brecht è appena cominciato; la grande lezione brechtiana è ancora tutta da apprendere.
Un teatro di interrogativi di fronte all’esistenza dell’uomo, un teatro che riguarda il vivere civile, ma detto con parole e con gli enigmi della poesia perché è impossibile pensare a un teatro che prescinda dall’umanità. Credo che una delle grandi forze del teatro sia la sua capacità di attraversare il tempo e i muri, di irradiarsi al di fuori. L’audience di una trasmissione televisiva può essere di milioni di persone, ma quanti “vivranno” quello che vedono? E quanti milioni hanno visto l’Amleto di Shakespeare da quando è stato scritto? Ma queste opere e le parole che hanno ascoltato, le emozioni che hanno provato si sono cucite sulla loro pelle, sono entrate nel loro modo profondo di pensare, nella cultura, li hanno, poco o tanto non importa, trasformati. Io credo a questo potere, all’intensità della rappresentazione, come una specie di messaggio sulla non-violenza che conquista gli uomini: il teatro in cui credo non aggredisce, cerca piuttosto di indurre al cambiamento. Faccio teatro perché la gente lo ami, lo capisca, lo discuta, perché qualcosa di quello che abbiamo detto in palcoscenico resti nel cuore di altri uomini come noi, che sono gli spettatori. Ecco perché questa parabola drammatica ritrova, se mai l’avesse persa, un’attualità e una necessità tragica, una forza ancora più sconvolgente sotto la luce implacabile del teatro, nostro specchio e nostra vita.
Giorgio Strehler

lunedì 4 maggio 2009

FIGHT CLUB – D. Fincher

http://www.mymovies.it/trailer/?id=32904


“Con chi combatteresti di personaggio storico? Gandhi”. Insomma un film con una battuta cosi puo’ essere solo un capolavoro. L’ho rivisto dopo anni e devo dire che l’ho apprezzato anche di più della prima volta. Brad Pitt é bravissimo in questa parte e Edward Norton non é da meno. Due pazzi visionari. Uno che per dormire frequenta le riunioni di gruppo di ammalati mortali e l’altro che crea bombe in cucina. Due opposti, due uguali, due squilibrati, due irrequieti, che amano la stessa donna completamente dissennata. Da rivedere, ti riconcilia con la tua giornata e ti senti normalmente normale. Anche se hai la stessa voglia di prendere a pugni qualcuno solo che non puoi sfogarla, forse. La prima regola del Fight Club é non parlare mai del fight Club e la seconda regola del Fight Club é non parlare mai del Fight Club. Voto 9.

COCO AVANT CHANEL – A. Fontaine



Come potete notare non guardo solo film da uomo! Guardo anche film da donna, perché questo lo é decisamente, ve lo dico subito. E’ la storia di questa grande stilista, ma prima di essere tale. Si nara di quando all’età di nove anni viene abbandonata dal padre insieme alla sorella in orfanotrofio dopo la morte della madre. Di quando raggiunge un amante a Parigi per sfuggire alla sua vita mediocre. Uomo che si accorgerà di amarla solo quando lei di innamorerà follemente di un altro sarà il suo grande amore della vita e che chiaramente come nelle migliori storie morirà giovane (che tripudio la parola amore e tutte le sue declinazioni in questo pezzo, mi é venuto il diabete). Diventerà famosa prima come creatrice di cappelli prima e poi come grande creatrice di moda. Donna di estrema classe, buon gusto e sobrietà. Voto 9 a Coco, Voto 7 al film. Ripeto. Film da donne. Non male non da strapparsi i capelli, insomma non memorabile.

domenica 3 maggio 2009

Donne, maledettamente donne


Abbiamo raccontato qualcosa degli uomini e credo sia giusto parlare anche delle donne, per par condicio, perché anche le donne talvolta, sebbene raramente, non sono perfette...

La Donna Zaino. E’ la versione speculare dell’uomo colla. Nel momento in cui trova un uomo non lo abbandona più. Vuole stare sempre con lui. Al secondo appuntamento sottopone il poverino al quesito amletico: ma tu come la vedi questa relazione? Dopo dieci giorni vuole essere presentata ai suoi amici, magari la domenica religiosamente dedicata alla pesca dello sgombro, al mercoledi’ durante la champions o perché no il lunedi quando vai a fare la gara di rutti che poi vi trovate tutti quanti per le pizza quando finite?
Dopo due settimane vuole conoscere sua mamma. Dopo un mese se lui non le ha preso la mano al cinema lei é colta da una crisi di nervi anche perché quello stesso giorno lui le ha inviato solo dodici sms mentre di solito ne manda almeno quattordici. Dopo sei settimane lei, astuta come una faina, fingendo di dimenticarli, ha già piazzato in casa sua, il pigiama, un phon, l’epilatore, quattro cambi, un paio di stivali di gomma, la maschera al cocomero, i bigodini, le ciabatte fatte a mucca e cinque Vanity Fair anche se ancora deve trovare il coraggio di rispondere al telefono. Dopo tre mesi, mentre lei é all’Ikea che pensa a come sostituirgli quel tavolino della sala che detesta, lui chiama Pino Chiave (che abbiamo già incontrato qualche tempo fa se vi ricordate. Si tratta dell’unico fabbro internazionale che lavora sulla piazza di Parigi, ma per gli amici effettua anche veloci trasferte su Milano, chiamare orari ufficio, astenersi perditempo) e fa sostituire la serratura. Lei ancora oggi non si capacita di come quel bastardo abbia potuto farle una cosa simile.

La Donna Unicredito. E’ convinta che l’uomo non sia il compagno di mille avventure, ma una fonte di finanziamento. Nel momento in cui glielo presentano la prima domanda che lei gli pone é: “Che lavoro fai”? e quando lui risponde "Sono il Direttore della Pizza&Fichi SPA" (anche se si tratta dell’ultima filiale di Topolinia) gli occhi di lei cominciano a roteare come una slot machine fino a che su entrambe le pupille non appaiono due $. Dal momento in cui cominciano a frequentarsi lei é convinta di non avere più bisogno del portafoglio. Non solo deve pagare tutto lui, ma lei si altera se lui non accetta di pagarle la Lous Vuitton della vetrina del negozio della Marcella. Il fidanzato viene sfoggiato come una carta di credito Platinum e c’é un solo modo di liberarsi di questo debito per un uomo: presentarle Paperon De Paperoni o dichiarare la bancarotta.

La Figa Vera. Ammettiamolo, per gli uomini (purtroppo per noi) resta il sogno di una vita, la meta irraggiungibile, vince anche sulla Formula Uno. La figa vera ha sempre l’aria un po’ scocciata, il mento posato mollemente e sensualmente sulla mano e quando esce con un uomo ha l’atteggiamento di quella che ti sta facendo un gran favore. Non sorride mai, non ringrazia mai, non apre mai una porta, mi ricorda qualcuno, deve essere parente del taxista Radio24.
Indossa al massimo una taglia 38, per qualche inspiegabile ragione scientifica ha sempre almeno una quarta di reggiseno e una vita cosi sottile che Audry Hepburn a confronto sembra un como’. Porta solo tacchi 12, scollatura sulla schiena anche a dicembre e mai, dico mai, un solo capello fuori posto, sembra una Charlies’ Angels. Si sveglia al mattino, ha già gli occhi truccati e un filo di rossetto Chanel Rouge Passion De la Nuit de Feu. Se voi andate ad un aperitivo da Noubu alle 19.00, siete appena uscite dall’ufficio, vestite come un pinguino, i capelli pettinati con i petardi e il trucco decisamente sfatto, lei é già là e sembra appena uscita dalla copertina di Vogue, sempre negli X Files giace il mistero di che lavoro faccia per essere sempre cosi perfetta a quell’ora...
La consolazione femminile per questo tipo di categoria é che nel 90% dei casi tale donna ha il quoziente intellettivo di un cappero, non dimenticherei che anche per gli uomini é una consolazione. Le donne non vogliono neanche prendere in considerazione il restante 10% ovvero le fighe intelligenti: prendere atto che esiste, sebbene rara, anche questa categoria potrebbe generare un suicidio di massa.

La Donna RompiMarrons. Lei non si esprime con semplici frasi, ma con domande. Hai preso le chiavi della macchina? Hai chiamato tua mamma? Hai portato il cane al parco? Come mai non mi hai telefonato ieri sera? Hai scelto il ristorante per sabato sera? Puoi cambiare canale per favore e mettere sul cinque che c’é la De Filippi? Sai che a me il derby non interessa? E’ sempre il solito bastardo il tuo amico Luigi? Come mai é cosi ingrassata tua sorella? Perché ti sei messo quella camicia? Solo scriverle le domande mi hanno stremata, quindi non voglio pensare al povero cristo che deve pure rispondere, ma in realtà potrebbe anche non farlo, perché lei non ascolta, é già concentrata sulla domanda successiva e non ha il tempo materiale di ascoltare cosa le dite, é un po’ come l’intervista delle Iene, ma mandata ad alta velocità, solo che fa le domande a raffica a chiunque le capiti sotto tiro, persino ai passanti, che credono di essere in tv. Non so se puo’ essere consolante, ma lo stesso atteggiamento l’ha con le amiche che la evitano come la peste. Otto faldoni degli X files, cercano di spiegare come sia possibile che abbia nel 99% dei casi un fidanzato. Un masochista? Un peccatore pentito che espia le proprie colpe? Un burlone? Uno scrittore noir in cerca di un movente? Un dipendente di una società di ricerche di mercato? Domandate gente domandate.

Donna Excel. Si tratta di una donna un tantino precisa. Quando prepara la valigia le cose sono riposte ordinatamente in sacchettini di plastica ognuno contenente l’abbigliamento di un giorno, la cosa inquietante é che il sacchetto ha il colore della camicia e le mutande il colore del sacchetto, il sacchetto a sua volta il colore della valigia e il cerchio si chiude.
Non arriva mai in ritardo, anzi, arriva sempre cinque minuti prima e si trasfigura in un eroe mitologico (Medusa normalmente) se la persona che aspetta arriva un solo minuto dopo l’orario prestabilito. E non serve dirle che l’auto vi ha preso fuoco, che Angelina Jolie vi ha molestato in ascensore e l’avete lasciata fare per non essere maleducati, che si é bucata la gomma del metro, perché vi risponderebbe che bastava partire un’ora e quaranta minuti prima.
Quando deve prendere una decisione estrae un quadernetto, tira una riga verticale a metà della pagina e sulla parte di sinistra elenca i benefici su quella di destra i costi, calcola il netto e prepara nella parte bassa del foglio anche una veloce swot analysis elencando rischi e opportunità della decisione. Mette i risultati in una matrice di Boston Consulting Group e solo se il risultato sta nel riquadro in altro a destra dice di si. Non ha mai perso un volo, né un treno, neanche la bicicletta, in compenso é capace di nascondere cosi bene un orologio prima di partire per le vacanze, che lo ritroverà solo sei mesi dopo, per caso, mentre impastando una pizza estrae i pelati.
Volete andare in vacanza? Avete trovato la persona giusta, non dovete neppure dirglielo, ha il marchio Club Med tatuato su un ginocchio (siccome é un ginocchio grande c’é scritto “Club Mediterranée, venite amici vi aspettiamo, pronti per regalarvi una vacanza indimenticabile, per informazioni più dettagliate consultate il nostro sito www.CM.com, il tutto su un ginocchio solo), in quattro e quattro otto, c’é sempre un approccio finance anche nel modo di esprimersi, vi butta giù un file excel nel quale potrete scegliere la destinazione e sul quale saranno specificati anche lontananza dal mare, lo spaccio Ar’Nani più vicino, l’Antica Focacceria L’Untore, il Centro Estetico La Chiappa. Segni distintivi: possiede il telepass dal 1930, fa la to do list anche per piantare un ciclamino, considera la sua casa disordinata quando il telecomando, mentre lo usa, non é nell’apposita taschina. La Nasa ha scoperto che é inspiegabilmente attratta da abiti lunghi, preferibilmente neri.