domenica 15 marzo 2009

Lunghi attimi di shopping

Chiaramente ci troviamo di fronte ad una tematica decisamente femminile, ma credo che gli uomini, in primo luogo, possano dare consigli utili ed, in secondo luogo, trarre insegnamenti preziosi al trattamento delle donzelle in generale.
Cominciamo con un quesito esistenziale:
potete commisurarmi l’utilità di un vestito di raso di seta nero, lungo fino ai piedi, scollato davanti e dietro, senza maniche, chiaramente da sera? Potremmo enumerare le occasioni a disposizione per indossarlo per aiutarvi:

1) Serata alla Scala o all’Opera, vi ricordo che quando si acquistano i biglietti al quarto anello alla modica cifra di 120€, si puo tranquillamente andare vestiti da punkabbbestia e portarsi un cane pulcioso. Vi consegnano un binocolo per la visione, non c’é neppure la maschera ad accompagnarvi perché non le forniscono i ramponi da montagna per salire e alla fine dello spettacolo ricevete in omaggio un cd dell’Opera a cui avete assistito perché da quella distanza é abbastanza difficile che abbiate captato anche solo una nota.
2) Serata di Natale dell’azienda. Normalmente si svolge in mensa. La comunicazione ufficiale informa che é gradito abbigliamento informale cosa che autorizza i colleghi uomini a presentarsi indossando una camicia a righe verticali che pare il fine trasmissioni RAI degli anni 80, calzino rigorosamente corto, preferibilmente con stampa di personaggio dei fumetti: un fantasma, una papera, un orsetto, cravatta regalata dai figli, gesto tenerissimo, peccato solo per il disegno del cesto di frutta nell’angolo in basso, del tronchetto della felicità in centro o di una donnina nuda in alto.
3) La sfilata dell’azienda della mia amica che lavora nella moda. L’evento si svoge chiaramente in settimana, durante orari lavorativi, a Milano (giusto quegli 862 km di distanza, un battito di ciglia) ma soprattutto niente ci lascia presagire che saro invitata...

Quindi secondo voi la risposta é chiara: l’abito non é necessario e non si compra. Ma... ebbene si, c’é un ma, che le donne in lettura hanno già elaborato. Ragazzi sembra fatto su misura! Mai visto un abito cadere meglio addosso, non segna neanche i fianchi (si, si certo, se non respiro e metto le mutande a pancera di Bridget Jones, sempre li a fare i pignoli, miseria) senza contare il prezzo: 90€ scontato dell’85%. Eh no, scusate si deve comprare.
Vi ricordo che sono finance nel DNA, nell’animo, fino all’ultima cellula, si tratta di un vero affare, ma soprattutto, tenete conto del fatto che sono accompagnata alla prova da 5, dico 5 amiche. Ora, secondo voi con quale probabilità anche una sola di loro mi dirà di non comprarlo? Nessuna. Quindi scatta l’acquisto, un’occasione per metterlo la troveremo, é come il tubino nero di Audry Hepburn, una donna di classe nell’armadio un tubino nero lo deve sempre avere, stiamo parlando di generi di prima necessità, mica di acquisti superflui.
Aaaahhhhh, che sollievo, mi sento meglio, veramente mi serviva, mi sembra di aver compiuto un’impresa titanica, di aver risolto i problemi del mondo, di avere un guardaroba veramente all’altezza di Carla Bruni ora. Ma questa sensazione di sollievo é solo momentanea. Un dubbio atroce mi attanaglia al punto da togliermi il respiro: MA CON CHE SCARPE LO METTO?
Amiche, lo so che voi ci avevate già pensato. Amici, so che siete caduti dalla sedia per lo sconforto.
Eppure si tratta di un problema serio. D’accordo che il nero va con tutto, ma mica lo posso mettere con le Nike da corsa, o le ballerine da ufficio, o il sandalo da mare, insomma mi rendo conto che tra le 76 paia di scarpe stivate nell’armadio non ce n’é una che possa andare bene. Prendo 33 gocce di fiori di Bach Impatients, perché mi rendo conto che lo stress mi sta rendendo agitata. Ho bisogno di riflettere con calma: non ho biglietti della Scala, siamo a Luglio quindi Natale é ancora lontano e la settimana della moda é a settembre, in 2 mesi ce la potremmo fare a trovarle.
Infatti, neanche un mese dopo, a spasso per Barcellona con la mia amica Daniela l’occasione d’oro si presenta. Una piccola nota, Daniela é stata premiata dall’Associazione negozianti di New York (a questo dedicheremo un capitolo a parte) per il supporto dato alla crescita dell’economia della città, é stata un caso di studio del centro psicosi dell’Ospedale di Piacenza relativamente a evidenti casi di Ossessione da bijoux, Sfruttamento compulsivo della carta di credito, Mappatura mentale del punto vendita da saldo con aggiornamento settimanale tipo Tom Tom, é ancora sotto osservazione in quanto la sua malattia é evidentemente contagiosa, solo che dato il periodo, Berlusconi le ha chiesto di candidarsi come ministro dell’Economia con lei la deflazione sarà un termine caduto in disuso.
Comunque sono in giro con lei quando in un meraviglioso negozio di calzature, le vedo. Splendide, luminose, eleganti. Nere, tacco 12, di raso dietro e davanti trasparenti e attraversate da strass talmente brillanti che mi sono abbronzata con il segno degli occhiali solo a guardarle. Le sentite? No dico, le sentite? Mi stanno chiamando, stanno invocando il mio nome: Nadiaaaaaaaa. Costo 150€ scontate del 50%. Vi prego, vi prego, San Saldo, Fra Scontrino e Sorella Etichetta, ditemi che non c’é il numero!
Vi pongo ora un secondo quesito:
potete commisurarmi l’utilità di un paio di scarpe che costano quasi il doppio di un vestito con il quale vogliamo metterle che riteniamo sia inutile?
Non siate frettolosi nella risposta per favore. Mi riferisco agli uomini perché le donne hanno già trovato la geniale soluzione.
Vi spiego. Il vestito, ormai abitante onorato del mio armadio, senza le scarpe é ancora più inutile. E l’acquisto delle scarpe invece aumenterebbe la probabilità di indossarlo. Non trovate? Logica stringente femminile, siamo cosi pratiche quando ce n’é bisogno, astute come delle faine, sono impressionata talvolta dalla nostra capacità di problem solving.
Chiaramente c’é il mio numero. Un evidente segno del destino. Se il cielo non avesse voluto farmele comprare (improvvisamente guarda come ti divento credente), non avrebbe di certo fatto apparire un delizioso 37, proprio sotto le mie dita! Mai contrastare il destino. Proviamole, abbiamo sempre l’ultima chance: non mi andranno, faranno male e sul piede saranno uno schifo.
Meravigliose. Sono felice come Cenerentola e non ho neanche davanti un principe, ma solo Genoveffa, questa commessa arcigna che evidentemente non condivide tutto il nostro entusiamo per aver risolto un problema che ci toglieva il sonno da settimane. Mentre Daniela é al telefono con Tremonti, che le chiede consigli sul salvataggio delle piccole e medie imprese del lusso, pago i miei gioiellini e usciamo. Camminiamo verso il bar più vicino, perché un saggio acquisto é sempre seguito da una manifestazione alimentare alcolica e/o calorica, e mi sorge un dubbio a cui non abbiamo ancora dato una risposta, ne approfitterei quindi per rivolgere la domanda a anche a voi: MA NON CI VORRA QUALCOSINA DA METTERE SULLE SPALLE???
Per la cronaca, l’abito é stato acquistato nel luglio del 2008, le scarpe sono state acquistate nell’agosto 2008, entrambi soggiornano nel mio armadio e ne sono usciti solo stasera, per la foto di copertina. Vi chiedo quindi cortesemente di comunicarmi al più presto le date di eventi Glamour al quale potrei partecipare cosi abbigliata, tipo: Festival Nazionale del Tacco a Spillo, Seminario esplicativo degli effetti di Strass e Perline nella produzione di CO2, Serata Commemorativa dello sterminio dei ratti di città (magari a questa non vengo se permettete), Discussione aperta con tavola rotonda sul tema: pochette o tracolla? Due culture a confronto.

SE MI LASCI FA MALE – S. Bertola

Stefania Bertola é una delle mie muse ispiratrici e leggendo questo libro capirete perché! Qui sono contenuti preziosi consigli e strategie da mettere in atto per uscire al più presto dalla sofferenza causata dalla fine di un amore.
Capitolo dolci, capitolo foto dell’ex, capitolo shopping, capitolo amiche. Insomma un bel cocktail per ridere davvero, magari se siete stati lasciati riderete un po meno perché tutto quello che scrive é drammaticamente vero! Pero almeno vi renderete conto di quanto é pesante una lasciata o anche un lasciato, di quante cavolate vi raccontano quelli che non vi vogliono davvero bene e che vogliono convincervi che riuscirete a riconquistare l’amore perduto, di quanto il vostro lui vi dia le risposte che volete sentire e non quelle che conoscete bene! Insomma voto 9, per l’onesta mentale, la simpatia e l’ironia.

PICCOLI SUICIDI TRA AMICI – A. Paasilinna

Di solito il mio amico Paasilinna mi regala momenti divertenti, leggeri, grazie a personaggi improbabili, a volte anziani, di sicuro emarginati, spesso infelici, ma caratterizzati da grande ironia, da un senso della vita molto forte, da grandi amicizie e dai paesaggi spettacolari della Finlandia. In questo libro di certo i paesaggi non mancano solo che il tema é il suicidio, grande problema sociale di quel paese. Due uomini che si ritrovano casualmente nello stesso capanno, nello stesso istante per suicidarsi e decidono quindi di rinunciare per il momento, ma di provare a raccogliere altri candidati, con l’idea che un suicidio collettivo sarebbe di sicuro molto meno triste e molto più spettacolare. Non fa tanto ridere, sia perché il problema é reale, sia perché qualcuno durante il percorso ce la fa comunque a suicidarsi in solitaria, sia perché alcuni personaggi hanno storie talmente tristi che davvero togliersi la vità pare l’unica soluzione possibile. Lieto fine. Ma é doloroso leggere di questo tema. Non me la sento neppure di dare un voto. Se siete giù di morale non leggetelo, non é il caso. Decisamente meglio: Il bosco delle volpi, L’anno della lepre, Il figlio del dio del tuono, con questi si che si sorride per davvero.

giovedì 12 marzo 2009

Buon Compleanno a Parigi

Volevo augurare un buon compleanno a me e a Parigi, per questo 1 anno, 8 mesi, 13 giorni di bonjour et au revoir, di cose successe e altrettante invece che non sono successe.
Volevo ringraziare questa meravigliosa città per quello che mi ha dato e per quello che mi ha tolto. Per questo viaggio verso l’ignoto che ho deciso di affrontare, per questa casa con il soffitto più basso che abbia mai visto, per questo balcone dal quale una volta ogni ventotto giorni vedo la luna, per le mie orchidee che sono rifiorite per la prima volta, per le luci della mia via.
Per avermi fatto comprendere che un amico vero viene a trovarti per vedere dove vivi, cosa fai, per condividere con te un sabato di compere ed una domenica di cultura ma soprattutto le crepes di Josselin. Perché un amico vero torna anche più di una volta e a suo modo vive con te quest’esperienza, ti accompagna, ti tiene per mano e accetta la tua scelta anche se non capisce fino in fondo perché non hai voglia di tornare. Perché lo senti più ancora di quando stavi a 2 km, perché aspetta il tuo ritorno per portarti a mangiare gli spaghetti con le vongole ed una cosa tanto banale fino a poco tempo fa diventa un evento, un rito di festa.
Perché per ogni amico che esce da questa porta, una fotografia di sorrisi resta appoggiata sul mobile.
Ringrazio Parigi per aver dissolto un amore, che forse, tanto amore non era se é stato cosi facile dissolverlo, ma che ti ha comunque portato via un pezzo di anima che non tornerà più e che farà di te una persona diversa.
Per un amico cinese che mi ha reso veri i racconti di Terzani, che é tornato a Shanghai con una caffettiera Bialetti che usa ogni volta che vuole far colpo sui suoi amici e che ha capito perché il grana va grattuggiato fresco sulla pasta.
Per due amiche francesi che mi hanno aiutato a tradurre la bolletta della luce, che mi hanno corretto gli errori di grammatica, che mi hanno portato al cinema, che mi fanno ridere in ufficio e che mi permetteranno di non dire mai che i francesi sono stronzi.
Per il fois gras, che sia benedetto alla faccia del colesterolo, per lo champagne, che ho tanto denigrato in patria ma adorero fino a quando calpestero questo suolo e che smettero di bere se mai in patria tornero, perché alcune cose hanno valore nel posto in cui le fai. Per il sabato mattina, con la baguette ancora calda sotto il braccio che a casa intera non ci arriva mai.
Per la domenica mattina, in cui si corre fino a stremarsi, in cui si scoprono quegli angoli di città umidi, polverosi, profumati, che poi ti dimentichi dove li hai visti, per quell’ammasso di metallo a punta che fa tanto turista la prima settimana che stai qui, ma che già la seconda ti é entrato nel cuore e cerchi con lo sguardo per sentirti a casa.
Per andare in ufficio a piedi e dimenticarti della tua macchina, per la bicicletta con cui prendi più fischi dai vigili che in macchina perché qui contromano non si puo andare per davvero! Per Parigi Roissy che ho fatto 100 volte in taxi e mai saprei rifare da sola. Per l’oroscopo alla radio, che ci ho messo 2 mesi a capire che “ariete” era “belier” e non era che i francesi partivano dal toro.
Per le mostre di questa città, perché ti viene l’ansia di non riuscire a vederle tutte e quando le hai viste ti viene l’ansia di non ricordarti tutto quello che c’era e se ti ricordi ti viene l’ansia di non aver colto il giusto messaggio e se lo hai colto ti viene l’’ansia di .... di niente. E’ meraviglioso sapere di avere a disposizione tanto cibo per la mente e che sarà impossibile che tu possa dimenticare davvero tutto, che per quanto poco rimanga, quel poco avrà lasciato la sua traccia e avrà cambiato un pochino di te e non vedi l’ora di raccontarlo perché possa essere condiviso.
Per l’edicolante che sta qua sotto, che mi tiene in caldo la rivista preferita da leggere la domenica mattina a letto a ritmo di caffé bollente (ecco perché a correre si va tardi), per il clochard di fiducia, che adora il panettone e i croissant di Paul. Per la vetrina di Dior, che un giorno entro e faccio un danno sul serio. Per il semaforo rosso dei pedoni, che pero ci vogliono ancora 5 secondi prima che diventi verde per le macchine e quindi passiamo tutti, perché tanto qui il clacson non te lo schiantano nelle orecchie.
Ringrazio Parigi per la sua bellezza, perché se anche mi sono capitate una sacco di disavventure, sentirsi tristi qui é decisamente meglio che sentirsi tristi a Milano.
E il teatro? Ringrazio per il teatro e non per quello che ho visto, ma per quello che ho fatto. Per avermi dato il coraggio di recitare davanti ad un pubblico vero, con una pronuncia che ha ammazzato l’anima di Voltaire, Baudelaire e della Deneuve. Perché non contenta ho anche cantato e ballato e non mi hanno ancora espulso dal paese, ma sono sotto stretta sorverglianza.
E per finire grazie a Parigi per il blog, sbocco naturale (insomma non proprio!) della newsletter, idea nata ormai diversi anni fa durante una riunione di lavoro. Per un amico che mi ha convinto che potevo farlo da sola e per tutti gli altri che lo leggono e mi fanno venire voglia di continuare.
Grazie a Parigi, perché mai, neanche per un solo attimo, mi sono pentita di essere qui. Buon Compleanno quindi, a me e a lei.

Ratatouille

Prego gli animalisti e gli appassionati di lieto fine di astenersi dalla lettura. Una nota: nelle cultura cinese, l’anno 2008 é l’anno del ratto. Leggendo gli episodi qui di seguito narrati capirete come mai non é stato un anno da ricordare.


Episodio N. 1

Serata di autunno, sono sul divano di casa mia con le mie due amiche, che chiameremo Gina e Geppa per rispettare la loro privacy, guardiamo distrattamente la televisione. Ecco, appunto, distrattamente con la coda dell’occhio, percepisco un leggero movimento davanti alla lavastoviglie, un movimento come di... RATTO! Mi giro di scatto, non c’é più. Scomparso. Non é possibile a questa velocità, di sicuro ho avuto un’allucinazione, non puo mica essere stato assorbito dalla parete dell’elettrodomestico per osmosi, no? Devo essere ragionevole, devo aver mangiato troppo fois gras. Queste cene tra amiche stile Sex&TheCity, a base di leccornie e champagne mi appensantiscono. Per essere più sicura mi volto a guardare Gina e Geppa che tranquille, continuano a commentare il programma tv: evidentemente mi sono sbagliata. Trascorriamo un’altra mezz’ora in serenità quando, improvvisamente, non più con la coda dell’occhio, ma con l’intero apparato visivo che il buon Dio mi ha fornito lo vedo, é là. Davanti al frigorifero stavolta! Si strofina le zampine, certo: il fetente pensa di uscire a cena. Mi alzo alla velocità di Flash Gordon ma lui scompare, Si di nuovo! Ma dove é andato? Come ha fatto? Dove si é nascosto? Intanto le mie amiche ignare di tutto mi guardano evidentemente preoccupate, dichiaro di essere in preda ad un raptus alimentare e che cerco del ciocciolato, continuano a guardarmi inquiete, ma non più di tanto, sanno che sono un po strana. Beh, perché non glielo dici? Perché devono dormire da me ancora una notte e in questa casa non ci sono porte! Quindi, glielo dite voi alle mie amiche che dovranno passare la notte con Ratatouille???? Decido di rimandare il problema al giorno successivo, post partenza. Nel frattempo comincio ad affezionarmi alla creatura e a valutare l’idea di tenerlo come animale domestico. In fondo non si tratta di una pantegana da naviglio, é un topolino grigio di città. Potrei nutrirlo, mettergli il cip in un orecchio, comprargli un guinzaglio e magari un gatto finto da rosicchiare, non vi pare una buona idea? Espongo il progetto ad amici e colleghi. Sono tutti colti da malore, ho sottovalutato alcuni aspetti sanitari del problema: il ratto adora mangiare i fili elettrici, non solo, pare che i suoi escrementi depositati sugli alimenti siano vettori di malattie mortali. Vado in internet e cerco di valutare il rischio. Ecco, appunto, abbiamo: tifo murino, febbre da ratto, leptospirosi, salmonellosi, afta epizootica, adenvirosi, listeriosi, rickettsiosi, arborvirosi, leihsmaniosi, verminosi, insomma tutti i mali finiscono in osi e sembrano esageratamente pericolosi! Direi che morire di una di queste cose non sta nelle mie priorità. Quindi decido, mio malgrado, di procedere allo sterminio implacabile della creatura. Come? E qui le mamme sono sempre le mamme. La mia propone il veleno per topi, semplice, veloce, efficace. Peccato che non sappia dove comprarlo perché dal momento che vivo in centro, la drogheria non fa chic, quindi la più vicina sta a 5 km. Provo ad entrare in farmacia e vedo cosa possono fare per aiutarmi. La farmacista mi guarda mentre cerco di spiegare il problema, e la vedo pronta a premere il tasto emergenza sotto il bancone: pensa che voglia uccidere mio marito, anzi mia suocera. Mi guarda sorridente, annuisce, come si fa con i pazzi, mi segnala un nuovo latte detergente, mi vende uno sciroppo per la tosse, forse pensa che potrei scagliarlo contro la creatura. Va bene, ho capito, niente veleno. Interviene a questo punto la mamma di Daniela e mi parla delle tavolette collanti, dice che sono formidabili. Mi chiedo: ma un ratto, dico un ratto qualunque di città, puo essere cosi idiota da appiccicarsi ad una tavoletta? Non ci credo neanche se lo vedo. Comunque sprovvista di altri mezzi di sterminio, prendo il metro, faccio 8 fermate e mi reco all’unica drogheria che ho trovato in internet in tutta Parigi, acquisto le magiche tavolette e me ne torno a casa abbastanza sconfortata, non funzionerà mai. Mentre preparo gli strumenti di morte medito su metologie di assassinio alternative: lo prendo a scopate in testa, pero devo chiedere ferie aspettando che si palesi; gli lancio scarpe con tacchi a spillo, ne ho solo 12 paia nell’armadio, le munizioni finirebbero subito, intanto mi annoto che devo fare assolutamente shopping per incrementarne il numero; gli sparo aghetti avvelenati con la cerbottana, ma mi serve il veleno e si ripropone la scena di cui sopra (certo perché invece di cerbottane ne ho pieni i cassetti); metto il dvd di un film di Win Wenders e lo uccido di noia, no, troppo intellettuale, metti che al topo piaccia siamo fregati, non solo non se va ma ai fini di uno scambo culturale mi tocca magari passare al noleggio di Nanni Moretti. Insomma alla fine poso le due tavolette a terra, incollandomi le dita, la N.1 davanti alla lavastoviglie ed la N.2 davanti al frigorifero e cerco di ficcarmi in testa che devo fare attenzione o mi incollo io, invece del topo, domani mattina quando mi alzero e cerchero il latte... Dunque mi metto a stirare, pero, astuta come una faina, tiro fuori un prosciutto scaduto, lo apro e lo lascio visibile vicino alla tavoletta N.1. Ebbene amici miei, dopo solo 4 minuti Ratatouille si appiccica alla tavoletta. Meno astuto di una larva é caduto in trappola, un vero dilettante. Ora mi si pone il problema morale: lo lascio morire appiccicato di stenti o lo finisco? Amici, con costernazione e dolore opto per la seconda opzione. Non posso vederlo soffrire. Vi risparmio i particolari, chi già lo sa si ricorderà di questo mio drammatico squarcio di vita. Dopo l’esecuzione sono risalita in casa, ho chiamato Gina e Geppa, che dopo la partenza avevo reso coscienti del rischio corso e ho pianto per 20 minuti al telefono con le due virago che ridevano a crepapelle totalmente insensibili al mio dramma esistenziale e al rischio di sentir bussare alla mia porta un’intera divisione di Greenpeace. Il mattino successivo la vendetta di Ratatouille mi ha colpito insorabile: assonnata e priva di conoscenza appoggio ignara infradito e piede sulla tavoletta N.2... Ancora oggi, dopo 4 mesi il mio arto inferiore presenta tracce di collante...
Chi di tavoletta ferisce, di tavoletta perisce.

Episodio N.2.

Grandi magazzini Primptemps. Vago tra i piani alla ricerca dell’affare del mese, primo piano ghiottonerie di lusso: un macaron 5€, un scatola di zuccherini a forma di cuore 18€. Secondo piano cose per la casa cheap and chic, teiera di Mariage Freres a soli 285€, lenzuola in oro zecchino a 596€ la federa, plaid in pelo di coniglio delle praterie russe 2.800€. Terzo Piano abbigliamento per bambini: cappottino Chloé pret a porter 960€, infradito Gucci in pura gomma del Burkina Faso 179€ in offerta speciale. Quinto piano: la brasserie di lusso del grande magazzino: moquette in pura lana merinos che ancora bela (muggisce?), tavoli di cristallo di Boemia, Bacarat e Murano messi insieme e.... un meraviglioso Ratatuille che a tutta velocità attraversa il locale, surfando sulla moquette, smarcando le gambe delle sedie per ficcarsi a 90 all’ora in una fessura dalla parte opposta della sala: NON HA PREZZO!

Episodio N. 3.

Mia mamma e la sua migliore amica vengono a trovarmi a Parigi, per scoprire insieme a me le meraviglie della città! Quindi di domenica affrontiamo il Marais, quartiere pittoresco e vitale anche nel giorno di festa, vetrine colorate, personaggi bizzarri e tanti simpatici localini. Stanche dalla lunga camminata decidiamo di rifugiarci in petit café. Di fianco a noi una coppia innamorata sbrana un hamburgher di dimensioni ciclopiche. Ad un certo punto lei alza i piedi di scatto, urla e chiama il cameriere. Mi percorre un brivido di orrore: NO! Un ratto dove ci sono mia mamma e l’amica no! Il cameriere arriva di corsa e non capisco cosa dice, o meglio cerco di non cogliere parole dolorose che non voglio sentire e capto solo la parola GATTO. Dunque, puo essere che la ragazza ha visto un gatto. Si certo, ed io sono Naomi Campbell. Intanto mamma e amica mi chiedono cosa sta succedendo ed io mento spudoratamente dichiarando che la ragazza ha visto un gatto. Solo che la tipa ed il fidanzato si alzano e imprecando se ne vanno. Gulp. Mia mamma: “Certo che fare cosi per un gatto mi pare proprio esagerato”. “Eh si mamma, hai proprio ragione, che gente strana c’é in giro, guarda te”. Intanto penso speranzosa che se si tratta di RATTO e non di GATTO, si sarà spaventato con l’urlo della ragazza e resterà nascosto per almeno una buona mezz’ora, il tempo di finire il the, non abbiamo neanche i biscotti, ce la possiamo fare. E invece no, perché il ratto parigino é proprio imbecille. Felice e sereno come una Pasqua si materializza di fianco al mio stivale, scatto a destra, mia madre abbassa lo sguardo e.... AH!! Un RATTO!!! Che deambula sotto i piedi di una coppia gay seduta di fianco a noi. Un dei due ragazzi sconvolto solleva i piedi e si mette seduto sui braccioli della poltrona, pare un condor e viene colto da una crisi isterica! Il cameriere ritorna brandendo un vassoio come se brandisse la spada di Luke Skywalker chiedendoci dove lo abbiamo visto! Indichiamo il divanetto sotto il quale é scomparso convinte che sarà impossibile che ritorni. E invece no, perché il roditore ha evidenti tendenze suicide. Si ripresenta sul parquet visibile come una macchia di pomodoro su una camicia bianca o come una patatina fritta per una donna a dieta. Massimo Decimo Cameriere Meridio lo scorge e abbatte il vassoio capovolto sul malcapitato, la folla del locale esaltata dal momento di caccia e lotta, esulta, impreca e condanna, il destino dell’infame é segnato, pollice capovolto: deve morire. Solo che Riccardo Cameriere Cuor di Leone non ha il coraggio di prenderlo quindi chiama rinforzi dalla cucina. La folla grida invasata, pollice verso, pollice verso, arriva Tommaso Francois il Sanguinario direttamente dai fornelli, brandendo a sua volta una tovaglia da 12, infila il tutto sotto il vassoio, cattura l’imbecille e lo porta fuori. Non ci é dato sapere che ne sia stato di lui. Mia madre e l’amica osservano la scena allibite, non credo torneranno mai più nella ville lumiere. Gli animi si calmano, il sangue presunto versato ha placato la sete di vendetta, una nuova coppia entra ignara nel locale e si siede sul divano maledetto. Alcune domande giacciono senza risposta nel faldone degli X files: avranno lavato la tovaglia? E il vassoio? Ma Ratatouille é davvero morto? Oppure fa parte dell’intrattenimento del locale? Esce dalla porta portato in palmo di mano su un vassoio, sdraiato su un metro di lenzuola per rientrare poche ore dopo dalla finestra, via verso nuove e straordinarie avventure!

martedì 3 marzo 2009

Incidenti di percorso in terra straniera parte 2 – Fine -

Episodio 2 – Tentativo di furto in casa

Ore 12.20, sono all’aeroporto di Barcellona in attesa di rientrare a Parigi... MA DAI? NO? All’aeroporto? A Barcellona? Veramente uno scoop! Non si poteva certo immaginare, ci vado solo 80 volte all’anno, ho una poltroncina con il mio cognome, conosco tutte le hostess: Carmencita De La Lavazza al bar dell’ingresso, Helena Rodriguez del Bollo al controllo passaporti, Beatriz Dismentiga La Valisa all’imbarco. Comunque sono seduta che aspetto di partire quando ricevo la chiamata della mia portinaia: hanno tentato di “cambrioler chez vous”. Beh, direi che la parola non mi é nuova e se faccio partire il wikipedia del mio modesto cervello la prima cosa che elabora é “tentativo di furto”... COME? TENTATIVO DI FURTO??? Ma possibile? Ma perché non sono davvero andata a Lourdes come peraltro molti di voi hanno creduto? Comunque madame Rosita é agitata come Jerry davanti a Tom e intuisco che deve aver sorpreso il ladro che tentava di entrare in casa mia perché é stato silenzioso come un cellulare alla Scala, quindi beccato dopo 5 secondi esatti dall’apertura della porta con un piede di porco. Certo usa una ruspa brutto cretino, perché non farla saltare con la dinamite da già che ci sei? Comunque meglio che tu sia un cretino perché ti hanno scoperto con le dita nel vaso della marmellata e non hai neanche potuto assaggiarla. Forse.
Comunque da 1000km di distanza difficile capire se e cosa sono riusciti a rubare, ma comprendo che ho la porta aperta. E che non si chiude più, quindi deve scattare l’operazione fabbro: trovare Iron Man. Già certo, non lo conosco neppure a Milano un fabbro voglio capire come lo trovo nella Ville Lumiere, quindi in aereo, durante l’imbarco, mentre tutti fighissimi chiamano gli schiavi in ufficio dando ordini o chiamano la borsa per vendere azioni o programmano cene prestigiose in ristoranti di lusso, io sottovoce nascosta sotto il sedile chiamo i servizi generali dell’azienda alla disperata ricerca di Nicolas Serrure De La Porte Cassé. Ad un certo punto percepisco un silenzio assordante alle mie spalle. Ehm...alzo la testa con il cellulare ancora attaccatto all’orecchio e mi accorgo che su di me incombe una hostess con la struttura fisica di king kong che con la voce della De Filippi mi invita a spegnere il telefono se no non possiamo partire (tra le righe leggo: se non lo spegni cafona malefica ti prendo il cellulare e lo faccio uscire da un finestrino durante il decollo con te attaccata). Quindi ubbidiente spengo senza sapere se Pino Chiave sarà a casa mia prima di sera o se mi toccherà dormire in piedi davanti alla porta come i cavalli brandendo una clava per difendermi. Insomma ore 16.00 arrivo a casa. Salgo ed accerto che effettivamente la porta é spalancata. Non hanno rubato le pastiglie dimagranti all’ananas (peccato visto i risultati), neanche i bulbi dei giacinti del bagno (meno male, ci tenevo molto) e sono salve anche le scorte di cioccolato per affrontare la stagione fredda nascoste nell’armadio. Insomma le cose preziose sono tutte al loro posto. Mi riattacco al telefono per trovare Gino Serratura e mentre troviamo un accordo qualcuno mi lascia un messaggio in segreteria. Si tratta della mia banca che mi avvisa che forse mi hanno clonato la carta di credito perché ci sono dei movimenti strani sul conto. NOOOOOO! Ma non é possibile, ma sono perseguitata dalla iella. E siccome vedo troppa TV comincio a chiedermi quale collegamento ci possa essere tra il furto e la clonazione e preparo una lavagna sulla quale appendere dei post it con i vari indizi necessari a risolvere il caso, ci metto pure due diagnosi tanto per non farmi mancare niente. Richiamo subito il numero che mi ha chiamato e intanto mi collego al conto on line per vedere che é successo. Mi risponde una signorina gentile ma non la solita che conosco bene e mi dice di verificare i movimenti perché c’é per esempio un movimento ambiguo di 2 giorni prima: 21,15€ Monoprix (la nostra Esselunga) ma sei scema? É la spesa. E ti pare un movimento ambiguo? Cosa devo fare? Comprare le mele e pagarle con le monetine? Rubare i porri da una bancarella? Di colpo realizzo: e se fossero i ladri al telefono che cercano di carpirmi il PIN? Ora glielo comunico cosi possono prelevare indisturbati direttamente dal bancomat. Ma saro io la scema? Colta da un raptus sbah! Butto giù la cornetta. E mi precipito a verificare se il numero che ho chiamato é effettivamente quello dello banca. Colta dal panico ovviamente non riesco a trovarlo e incomincio a ribaltare casa creando i danni che il ladro non ha creato: butto le maglie sul pavimento, controllo tra le stoviglie, ravano nella zuccheriera, devo solo tagliare i divani e il materasso e poi ho terminato l’opera devastatoria. Trovo il numero nella mia agenda (pensarci prima no eh?): é quello giusto, quindi i miei sospetti sono infondati. Richiamo la signorina e mento spudorantamente: excusez moi, la ligne est caduta. Confermo che i movimenti sono solo i miei e che effettivamente la spesa desta sospetti, ma che tengo sotto controllo l’acquisto del latte e degli spinaci, sarà colpa dell’inflazione e del caro vita. Ringrazio e appendo. Almeno una cosa l’abbiamo sistemata. Nel frattempo con l’entusiasmo di McGiver armeggio con le chiavi e come per miracolo riesco a sbloccare la serratura e almeno ad accostare la porta, mentre aspetto Luigi Scasso che arriva e dopo 2 ore di intenso lavoro sistema tutto. Un vero supereroe.
Intanto si sono fatte le 21.00 e la fatica fisica e mentale cominciano a farsi sentire quindi dopo una parca cena a base di bastoncini findus, patatite fritte surgelate pronte in 5 minuti nel forno a micronde, un po di pane e maionese e una coppetta di creme brulée sono pronta per andare a dormire. Beh scusate eh, ma lo stress psicofisico a cui sono stata sottoposta necessita di una proporzionale gratificazione alimentare, in fondo sto mangiando pesce, verdure e latte intero cotto al forno no? Chiaramente ogni minimo rumore mi sembra un secondo tentativo di scasso quindi dopo essermi messa a letto ritengo utile prendere alcune minime precauzioni. Sposto l’appendiabiti dell’ingresso e lo sdraio di traverso davanti alla porta, con attaccati 2 cappotti, un giaccone, 4 sciarpe ed un foulard di seta, al massimo se tentano di rientare li strangolo con il cashmere o con un hermes, una morte decisamente chic. Poi, dal cassetto della cucina, estraggo il coltello del pane, che é il più grande che ho, ma ho dei dubbi sull’efficacia: che faccio? Li affetto? E poi delle briciole che ne facciamo? Che se mi va male fanno a fette me come nei film di Dario Argento, qui Daire Argent. Mi viene un’idea geniale: LA PADELLA ANTIADERENTE QUELLA GRANDE! Li piglio a padellate. La mia astuzia riesce sempre sorprendermi. Quindi ritorno a letto, confortata anche dal fatto che la mia amica Claudia mi abbia detto: “se hai bisogno chiama”, certo che vivendo a 862km di distanza magari non arriverà subitissimo. Decido allora di memorizzare il numero della polizia sul cellulare. Infatti.... che diavolo di numero ha la polizia francese? Ricomincia una disperata ricerca, tanto é ancora tutto sottosopra da prima, dovrebbe essere facile e infatti lo trovo subito, tra la scatola dei biscotti al ciocciolato e il portafrutta: n. 17 (eh certo che é proprio di buon auspicio) lo digito e faccio partire la chiamata per essere pronta in caso di necessità e...... BUONASERA. BENVENUTI AL SERVIZIO DI SEGRETERIA DELLA POLIZIA DI PARIGI DISTRETTO 8: IN CASO DI URGENZE DIGITARE 1, IN CASO DI CONTESTAZIONE MULTE DIGITARE 2, IN CASO DI ASSASSINIO CON PADELLE ANTIADERENTI DIGITARE 3. Appendo. Vado a prendere vecchi tappi per orecchie e metto 100€ sul tavolo e capisco che per quanto mi dolga ammetterlo, il denaro risolve sempre un sacco di problemi.

MAMMA MIA – Teatro degli Arcimboldi

Travolte dall’entusiasmo per il film vi pareva possibile che non andassimo a vedere anche il musical? E abbiamo fatto un gran bene perché é proprio ben fatto. La mamma, canta divinamente e pure la ragazzetta ci da delle soddisfazioni. Grande allegria, musica trascinante al punto da vedere il pubblico freddino milanese battere le mani a ritmo e abbozzare addirittura una mossa d’anca. Per non parlare della malinconica lacrima che sorge spontanea alle prime note di The winner takes it all... che ha visto palesarsi decine di kleenex.
Chiaramente vi deve piacere il genere se no, non ci siamo, ma devo dire che é uno dei più bei musical che abbia visto. Solo un po caruccio, perché i posti su al terzo anello laterale costavano praticamente 50€. In ogni caso é cominciato il 26 Febbraio e resterà a teatro fino al 15 Marzo, vi consiglio di non perderlo. Voto un bel 9: how can I resist it?

JOSEPHINE - Penelope Bagieu



Vi avevo già recensito il suo primo libro che si intitolava Ma vie est tout à fait fascinante, ed ora eccovi il secondo: Josephine. Direi che i francesi dal punto di vista del fumetto sono davvero avanti. Questo reparto nelle librerie vi puo paralizzare per mezz’ore intere. Ci sono talmente tanti autori, tanti stili e tante idee diverse che la prima volta alla Fnac ci sono stata quasi un’ora! Comunque, detto questo, Josephine é una trentenne, single, dai fianchi “leggermente” pronunciati, vittima dello shopping, con una sorella, perfetta donna sposata e cerca di sopravvivere nella giungla parigina, tra scioperi, lavoro e la disperata ricerca di un fidanzato. Voto 9, é un personaggio davvero adorabile! Fumetto colorato, divertente e leggero, capace di strapparti un sorriso senza fatica.